Caso Yara, il giorno della difesa. Bossetti in lacrime quando si parla della sua famiglia

Il muratore di Mapello potrebbe rendere delle dichiarazioni spontanee prima che i giudici della Corte d'assise di Bergamo si riuniscano in camera di consiglio. I legali di Bossetti: primo pensiero va alla vittima

Tribunale di Bergamo, processo a carico di Massimo Bossetti (riquadro) sul caso Yara

Tribunale di Bergamo, processo a carico di Massimo Bossetti (riquadro) sul caso Yara

Bergamo, 27 maggio 2016 - Dopo l'ultima udienza, durante la quale hanno parlato le parti civili, oggi si torna in aula per il processo a carico di Massimo Bossetti, unico imputato per l'omicidio di Yara Gambirasio. E' il turno dei difensori del muratore di Mapello, Claudio Salvagni e Paolo Camporini. Ma non è escluso che anche Bossetti prenda la parola e renda delle dichiarazioni spontanee prima che i giudici della Corte d'assise di Bergamo si riuniscano in camera di consiglio per emettere la sentenza. La difesa proseguirà il 10 giugno prossimo, non è bastata infatti un'udienza per l'intervento degli avvocati Camporini e Salvagni. La sentenza è prevista per l'1 luglio, mentre il 17 giugno sarà il turno delle eventuali controrepliche e delle dichiarazioni spotanee per Bossetti, se vorrà farle. 

IN AULA MARITA, NON MAMMA ESTER - Per Bossetti, imputato per l'omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, il pm Letizia Ruggeri aveva chiesto la condanna all'ergastolo con sei mesi di isolamento diurno. In aula è presente la moglie, Marita Comi, arrivata con il criminologo e consulente di parte Ezio Denti, a bordo di una Porsche Panamera turbo. Molto probabilmente ha voluto esserci anche per smentire ancora di più quanto emerso riguardo le bollenti lettere scritte da Bossetti ad una detenuta. Lettere che nell’aula dell’Assise di Bergamo hanno fatto da innesco all’ennesimo contenzioso fra accusa e difesaAssente la madre, Ester Arzuffi, nonostante avesse chiesto di essere presente per assistere all'udienza. La donna aveva infatti domandato di poter avere un posto tra il pubblico (i posti sono limitati).

"PRIMO PENSIERO ALLA VITTIMA" - I difensori del muratore di Mapello in apertura hanno voluto sottolineare che il loro primo pensiero va "alla vittima" di un "delitto efferato, terribile" e alla sua famiglia. "Prima ancora che da avvocati, ci siamo convinti da padri che la persona che andavamo a difendere non è un assassino", ha detto il legale. Salvagni ha parlato di "delitto che ha iniettato veleno nei muscoli di Bergamo" e che "ci ha tutti sconvolti".

"NON ATTO DI FEDE SUL DNA" - Sul Dna, considerato la "prova regina" da parte dell'accusa, la difesa dell'imputato Massimo Bossetti, accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio, "non ha mai potuto interloquire" e "sul lavoro fatto da altri non può esserci chiesto un atto di fede". E' quanto ha detto Claudio Salvagni, uno degli avvocati della difesa del muratore di Mapello, durante l'arringa davanti alla Corte d'Assise di Bergamo. Un processo "ricco di suggestioni, un processo mediatico", ha osservato Salvagni, ma del quale "non abbiamo certezza di niente: non sappiamo come è morta Yara", né con quali armi sia stata colpita. "Questo processo ha parlato di tutto", ha affermato l'avvocato difensore "ma non di cosa è davvero successo" ed è servito "a far male a una persona: non ho paura di dire che è una tortura per Bossetti". "Si tratta - ha aggiunto- di un processo delle eccezioni e tutto ciò che non torna è stato definito un'anomalia. Ma per condannare bisogna avere delle certezze, non delle congetture". 

"ASSURDO BOSSETTI SEXUAL OFFENDER" -  È "assurdo" tratteggiare Massimo Bossetti come un sexual offender perché "la sua vita è stata passata al setaccio e non è stato trovato nulla: la sua vita è casa, lavora e famiglia". Queste le parole di Claudio Salvagni. "Molti uomini hanno l'attitudine a essere piacioni - ha spiegato il legale -, a essere provoloni, come si dice, ma questo non fa di loro degli assassini". "Gli sono state attribuite delle amanti - ha proseguito - dove sono queste amanti?». La sua vita è appunto casa, lavoro, famiglia e questi sono i dati concreti, non congetture".

"FORZATURE SU VIDEO E FOTO" - Salvagni si è addentrato, punto per punto, nelle parti considerate deboli o contraddittorie delle indagini, a partire dagli elementi raccolti attorno al ritrovamento del cadavere: la presenza di fili e fibre nelle ferite, secondo i legali di Bossetti, non spiegata dall'impianto accusatorio. Così come i presunti errori dei periti, tra cui la presenza rilevata di ossido di calcio nei polmoni; o l'ipotizzato "rimaneggiamento" del cadavere e della sua "contaminazione" durante i rilevamenti. "Tutto ciò che non torna diventa un'anomalia, non viene giustificato", ha detto Salvagni, che ha aggiunto: "Ci sono cose che vengono spacciate come certezze e che invece vengono smentite. Ma noi pretendiamo certezze, qui c'è in ballo la vita di un uomo". Insomma, un vero attacco alla conduzione delle indagini e alla "stampa appiattita" sulle tesi dell'accusa. L’avvocato Salvagni ha poi contestato determinati metodi della pubblica accusa, parlando di "alcune perle". "La prima è stata quella del video del Ris sul furgone, con il comandante Lago che viene a dirci che, d’accordo con la Procura, è stato realizzato un video per esigenze di comunicazione. Ma i colpi bassi sono stati anche altri, ad esempio le lettere tra l’imputato e una detenuta portate agli atti. Dopo questa notizia ho trovato Bossetti peggio di come era stato arrestato". "Il punto più basso, poi, l’ha toccato il colonnello del Ros Michele Lorusso, quando è venuto a dire che la vittima aveva in mano fili d’erba radicati nel terreno, potendolo provare con delle foto. Non c’erano le foto e i fili d’erba erano staccati dal terreno".

"NO CONFESSIONI" - La sera dell'omicidio di Yara Gambirasio, "Massimo Bossetti è a cena a casa. Non ci sono confessioni stragiudiziali". Con queste parole, l'avvocato Paolo Camporini, ha cercato di smontare la tesi dell'accusa, sostenuta anche dalla parte civile, secondo cui l'imputato sarebbe in quell'occasione rientrato più tardi e non avrebbe voluto rispondere alle domande della moglie che in più occasioni, durante colloqui in carcere intercettati, gli avrebbe rimproverato di non aver mai voluto dirgli che cosa aveva fatto quella sera. "Che sia tornato a casa a cena è un dato acquisito da testimonianze. Oppure mi si dica che si tratta di testimonianze false. Allora cambiano le cose", ha detto Camporini. Che a sostegno della sua tesi ha aggiunto: "Bossetti è un abitudinario cronico. E un abitudinario come lui, se non fosse tornato a casa, avrebbe avvisato". Per la difesa, quindi, le conclusioni della parte civile, desunte da un'intercettazione in carcere tra moglie e marito, secondo cui Bossetti avrebbe nascosto alla moglie quello che aveva fatto quella sera, sono sbagliate perché si riferivano ad una fascia oraria precedente all'ora di cena, e cioè all'orario del suo passaggio con l'autocarro nella zona della palestra dove è scomparsa Yara. "È ovvio che si riferisce a quel momento", ha detto Camporini.

BOSSETTI PIANGE - Massimo Bossetti ha pianto quando uno dei suoi legali, Paolo Camporini, ha fatto cenno alla sua famiglia. Il legale aveva prima ripercorso le dichiarazioni di Bossetti riguardo il 26 novembre 2010 quando scomparve la tredicenne di Brembate di Sopra. A proposito del commercialista e del meccanico dai quali il muratore aveva ipotizzato di essere andato Camporini ha spiegato: "Forse nessuno ricorda di averlo visto, ma certamente nessuno l'ha mai visto altrove". Poi, ha ripreso la parola l'avvocato Salvagni: "E' stato commesso un grave errore, questa inchiesta è partita con il piede sbagliato". E ha fatto riferimento alle analisi sulle celle telefoniche di "cellulari che hanno generato traffico".

ha collaborato GABRIELE MORONI