Bergamo, pestaggio in pieno giorno in centro: "Inaccettabile, non siamo nel Far West"

Chiesti 8 e 7 anni. Sul banco degli imputati il marito della donna accusata di aver portato l’esplosivo in via Palestro a Milano

Guardia di finanza in azione

Guardia di finanza in azione

Bergamo -  «Un pestaggio in pieno giorno in centro città (siamo in via Paglia). Non è ammissibile, non siamo nel Far West". E’ uno dei passaggi della discussione del pm Emanuele Marchisio nel processo al tribunale collegiale (presidente Storto) a carico di Delio Belotti e Rocco Di Lorenzo per estorsione in concorso. E’ venuta meno l’accusa di rapina di un cellulare. Alla fine c’è stata anche la richiesta di condanna: per Belotti, difeso dall’avvocato Quadri, 8 anni e 6 mesi e una multa di 8 mila euro più confisca beni. Belotti attualmente ha l’obbligo di dimora a Ponteranica. Mentre per Di Lorenzo, assistito da Tanfulla e Moretti, il pm ha chiesto 7 anni e 5 mesi.

Di Lorenzo è in carcere perché deve scontare 11 anni rimediati anche in appello per estorsione ad alcuni imprenditori della Bergamasca con altri campani e albanesi. Di Lorenzo è marito di Rosa Belotti, residente ad Albano Sant’Alessandro, finita alla ribalta della cronaca perché, secondo l’accusa, procura di Firenze, avrebbe guidato la Fiat Uno imbottita di tritolo che venne parcheggiata in via Palestro a Milano il 27 luglio 1993 ed esplose causando cinque vittime.

Tornando al processo, due solo gli episodi chiave: il primo nel 2016, in cui secondo le indagini, proprio Di Lorenzo impugnando un casco da motociclista picchiò Roberto Taiocchi (parte civile con Ferdinando Buonavoglia) per il mancato pagamento di una Mercedes classe A. Mandate, nella ricostruzione dell’accusa, Delio Belotti, trafficante d’auto, con un precedente per reati fiscali. Un mentitore seriale per il pm. "In questo processo ha negato sempre. Altro che collaborazione". Il secondo episodio è del 2019 in via Paglia, in pieno centro. C’è un’intercettazione che la dice lunga sui metodi usati. E’ Belotti che parla con la cornetta del telefono sollevata: "Prima avevo i napoletani che facevano i gagà, hanno preso di quelle botte. Ora ci pensano i calabresi che sono più cattivi . Quelli lì sono quelli che comandano". Si riferirebbe ai nipoti di "zio" Pino Romano, con una lunga serie di precedenti, legato ad ambienti della ‘ndrangheta. I suoi nipoti sono Paolo e Francesco Romano (già condannati) che lo stesso Belotti in una intercettazione li definisce cosi: Sono "belve". Ci sono loro, con un mandato di Belotti nel sequestro e pestaggio di Roberto Taiocchi nel 2019 in via Paglia. Tutto era nato dall’acquisto da parte di Belotti di una Porsche Cayenne con difetti al motore.