Omicidio Pedrengo, la lite per il no alla passeggiata e le martellate. Parla l'imputata

Al processo il racconto di Eliana Mascheretti, accusata di aver assassinato il cugino: "Volevo solo punirlo"

Eliana Mascheretti, 63 anni

Eliana Mascheretti, 63 anni

Pedrengo - "Volevo punire mio cugino, ma non ucciderlo. Altrimenti avrei potuto colpirlo con uno dei pesi che usava per fare ginnastica. Oppure usare un coltello". Invece il 20 dicembre 2020 Eliana Mascheretti, 63 anni, è andata in cucina, ha aperto uno dei cassetti e ha impugnato un martello che poi ha portato sul terrazzo. È tornata in bagno da Giuliano Mascheretti, 73 anni, professore di lettere in pensione, e lo ha colpito. "Prima in testa, sulla fronte, poi sulla schiena, al torace e sulle mani". L’autopsia conterà più di 80 colpi. Per il consulente della difesa, lo psichiatra Luigi Tentori, in quel momento era del tutto incapace di intendere e volere: dissociata dalla realtà. Eliana Mascheretti, ai domiciliari, accusata dell’omicidio del cugino, lo rivive in aula di Corte d’Assise davanti alla giuria popolare.

Ricorda della difficile convivenza, due anime sole, tormentate, che a un certo punto avevano deciso di coabitare nella villa dei genitori dell’imputata, in via Camozzi a Pedrengo. Assistita dagli avvocati Carlo Cofini e Francesca Longhi, l’imputata (che ha lavorato in una multinazionale) ha ripercorso alcune tappe importanti della propria vita. A cominciare dalla perdita dei genitori ai quali aveva dedicato tutta se stessa, accudendoli fino alla loro morte.

Quando è cominciata la convivenza con il cugino, chiede il difensore. "Nel 2015. Giuliano era ricoverato in una Rsa. Non aveva più una casa, aveva depredato il suo patrimonio per via di persone che hanno approfittato di lui. Allora gli ho detto: perché non vieni a stare da me? Avevamo cose in comune". Ma non era sempre così. "Ho poi scoperto che aveva ancora debiti non sanati, come quelle 600 multe dell’Atb perché non pagava il biglietto del tram. Mi mentiva". Allora scoppiavano le liti. Ma poi la situazione tornava normale.

"Un giorno mi ha detto: non mettermi in una struttura, altrimenti lì muoio. Certo, quando scoprivo le menzogne, mi sentivo tradita". Il giorno dell’omicidio Eliana e Giuliano vanno al cimitero e poi a bere un aperitivo con un parente. Sotto Natale, vanno fuori a pranzo e alle 16 tornano a casa, dopo aver fatto la spesa per il cenone. "Prepariamo la cena: sono le 20. Sentiamo il notiziario locale che parla delle luminarie in centro. Giuliano mi dice che vuole andarle a vedere. Ma io non me la sentivo. Sono volate delle parole. Poi lui è andato in bagno, l’ho raggiunto, e c’è stata la colluttazione. Sono andata in cucina e ho preso il martello e l’ho colpito. Lui mi ha dato una manata sulla faccia".

L’imputata soccorre il cugino, che perde sangue dalla testa. Lui fa il bagno, poi lei lo accompagna a letto. Gli da due Oki perché ha male. A un certo punto la vittima chiede di andare di nuovo in bagno, Eliana lo mette su una sedia a rotelle. Al cugino ciondola la testa, e solo a quel punto lei si rende conto che è morto. Il pm incalza: "Perché non ha chiamato i soccorsi?". Risposta: "Ho sbagliato. Ho perso la testa". L’8 luglio le conclusioni.