A Sotto il Monte le spoglie del Papa Buono: l'abbraccio sobrio dei pellegrini

Il primo giorno nel paese natale tra misure d’ordine straordinarie

L'ingresso dei pellegrini controllati dai volontari (De Pascale)

L'ingresso dei pellegrini controllati dai volontari (De Pascale)

Sotto il Monte (Bergamo), 29 maggio 2018 - Un info-point. Il gazebo, offerta libera per le candele. Controlli cortesi ma rigorosi sulla coda di gente che si allunga tranquillamente e neppure troppo lentamente verso l’ingresso della chiesa di Nostra Signora della Pace. In campo circa 300 volontari, oltre a carabinieri, alpini dell’Ana, Protezione civile. È il primo giorno di San Giovanni XXIII nel paese che lo ha visto nascere nel 1881, figlio di mezzadri, quarto di tredici fratelli. Alla Casa del Pellegrino la coordinatrice Alice Cazzaniga si divide con energia inesauribile fra un gruppo e l’altro di pellegrini in arrivo, per ora, da tutto il Nord Italia. Le presenze della prima giornata, solo quelle prenotate sono duemila, poi ci sono le altre, circa un migliaio. Alle quattro e mezzo del pomeriggio gli ingressi sono 2.483, che diventeranno 6.600 in serata. Per il momento il conteggio delle prenotazioni dice 68mila. Sono previsti 300 pasti al giorno e un centinaio di cene con il catering. Cifre da vertigini. Cifre grandiose, da pellegrinaggio di massa, Lourdes o per rimanere a casa nostra San Giovanni Rotondo. Una invasione difficile da ambientare in un paese con 4496 residenti (al 30 aprile). Lindo. Tratti da oasi di pace. Papa Giovanni lo chiamava “il mio nido” e segnava il nome del borgo natale sul mappamondo. Il monte, che dopo averle dato il nome dovrebbe incombere sulla piccola comunità, è una collinetta. 

Tutto parla del concittadino più illustre. La toponomastica dice viale Pacem in terris, piazza Mater et Magistra, piazza Concilio Vaticano II, viale Zaverio Roncalli (il fratello che Roncalli chiamava “fratello severo). La scuola materna porta il nome del Papa buono, le primarie sono intitolate ai genitori, Marianna e Battista Roncalli. Maria Grazia Dadda, insegnante elementare e sindaco (con la “o” precisa), dal 2014, fuga l’ipotesi del kolossal turistico-religioso: «Anche per un evento come questo abbiamo mantenuto il tono di semplicità e sobrietà di questi anni. Sotto il Monte rimarrà ciò che è, un luogo di accoglienza, preghiera, meditazione. Un santuario a cielo aperto, come ho detto domenica nel mio indirizzo di saluto, all’arrivo della teca. L’amministrazione comunale ha emesso una ordinanza che vieta il commercio ambulante sul territorio. Lo scopo di chi arriva a Sotto il Monte deve essere la visita alle spoglie di Papa Giovanni». Mentre si destreggia tra frotte di pellegrini, Alice Cazzaniga rafforza il concetto: «Il discorso non deve essere commerciale, ma quello di trasmettere gli insegnamenti di Papa Giovanni, i suoi valori e principi. La lezione del Papa del Concilio Vaticano II». Quello di avere un concittadino pontefice e poi santo non si è mai stato un business per Sotto il Monte. La “media” di Papa Giovanni, anniversari a parte, è di duemila pellegrini alla settimana. Anche i negozi di souvenir devono fare i conti con il bilancio. Cinzia Mariani li vende da trentotto anni insieme con la mamma Adriana, il loro negozio è l’erede della bancarella del padre. «Prima eravamo (li conta) quattordici negozi, adesso siamo una mezza dozzina, compresi quello del Pime, nella casa natale del Papa, e quello nella Casa del Pellegrino. Siamo stati piuttosto fermi per anni, poi si è sentito l’effetto della canonizzazione. La verità è che gli anziani un po’ alla volta spariscono e i giovani vanno poco in chiesa. Come articolo il rosario è quello che si vende di più, da due euro fino a quello da otto in legno, con l’immagine del Papa. Va molto la calamita da due. Si vendono i quadretti da due e tre euro e quello da cinque, con la penna». Don Ezio Bolis, da otto anni direttore della Fondazione Papa Giovanni, analizza e rassicura. «Distinguerei quella che è l’invasione, se vogliamo chiamarla così, di questi quindici giorni, motivata dalla presenza eccezionale del corpo di Papa Giovanni, né più ne meno di quanto accadde a Roma per quello di padre Pio per l’anno della Misericordia. Quando calerà il sipario la presenza dei pellegrini tornerà a essere quella, molto discreta che è stata negli anni. Questi giorni sono davvero eccezionali, probabilmente al di là di quello che si attendevano gli organizzatori. In città sono stato testimone diretto di una grande folla, numerosa ma composta. A Sotto il Monte l’affluenza poteva essere prevedibile, per la città non lo era». Qualcosa significa, significa molto. «È un segno forte - conferma don Bolis - dal punto di vista antropologico. Non è una statua. È un corpo. Ma se ci si pensa non è poi così strano. Mi dicono che anche nella Basilica Vaticana c’è sempre un afflusso di pellegrini che si accostano all’altare dove è esposta l’urna. Il richiamo di Papa Giovanni vale qui, vale a Roma, vale ovunque. È un richiamo che ha attraversato le generazioni. Gli si avvicinano non solo pellegrini di un certa età, che possono conservare ricordi dell’infanzia, ma anche giovani. Papa Giovanni è entrato nella tradizione, di padre in figlio. E non è così per tutti i santi».