In coma dopo un'iniezione sbagliata d'insulina: il pm chiede l'archiviazione

Chiesta l’archiviazione dell’inchiesta che vede indagati, con l’accusa di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione, i genitori del 21enne marocchino che nell’ottobre 2014 era finito in coma dopo un’iniezione di insulina indebitamente praticata di Michele Andreucci

Il tribunale

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Bergamo, 25 giugno 2015 - Il pubblico ministero Maria Cristina Rota ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta che vede indagati, con l’accusa di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla minorata difesa e “dall’aver utilizzato un mezzo venefico contro il discendente”, i genitori di Abdelmajid Kassoudi, il 21enne marocchino tetraplegico ricoverato al centro di riabilitazione di Mozzo (ex Casa degli Angeli), che nell’ottobre 2014 era finito in coma (tuttora si trova in stato vegetativo) dopo un’iniezione di insulina indebitamente praticata: il giovane si trovava ricoverato dopo che l’8 giugno del 2014, per festeggiare la fine della scuola, si era gettato nella fontana del piazzale degli Alpini, a Bergamo, aveva battuto la schiena ed era rimasto paralizzato e relegato a vita su una sedia a rotelle. Il pm titolare dell’indagine non ha trovato riscontri all’ipotesi accusatoria iniziale, secondo la quale i familiari avrebbero tentato di ucciderlo con una dose di insulina, stanchi di vederlo, lui che era sempre stato sanissimo,paralizzato, e per questo ha chiesto al gip l’archiviazione del procedimento. Alla sua richiesta si è opposta Simona Prestipino, l’avvocato che, per conto del curatore del 21enne, assiste legalmente quest’ultimo. Prestipino ha chiesto che vengano effettuate ulteriori indagini sulla vicenda. L’ultima parola spetta ora al gip di Bergamo, che ha fissato l’udienza a metà del prossimo settembre.

Il giudice dovrà stabilire se accettare la richiesta del pm o, viceversa, disporre ulteriori accertamenti. Secondo l’accusa iniziale, la sera del 10 ottobre 2014, intorno alle 20, i genitori di Abdelmajid, Mohammed, 54 anni, e la moglie, 58, avevano lasciato la camera dove da quattro mesi era ricoverato il figlio. I carabinieri avevano sentito le testimonianze del personale e degli altri pazienti, secondo le quali i familiari erano stati gli ultimi a vedere il ragazzo. Che poco dopo aveva accusato una crisi, piombando in un grave stato di ipoglicemia. Il giovane era stato portato d’urgenza all’ospedale di Bergamo in stato di coma: i medici erano riusciti a salvargli la vita. Dalle analisi si era capito che gli era stata somministrata dell’insulina ad assorbimento rapido, lui che non aveva mai sofferto di diabete. Fin dal primo momento era stato escluso un errore del personale sanitario, come uno scambio di paziente (tra i degenti delle camere adiacenti a quella di Abdelmajid nessuno era sottoposto a terapie che prevedevano questo farmaco). I sospetti si erano così spostati sui genitori del 21enne, nella cui abitazione i carabinieri avevano rinvenuto delle confezioni di insulina. I militari erano andati a colpo sicuro, visto che i due coniugi soffrono di diabete. “Io e mia moglie non avremmo mai il coraggio di fare una cosa del genere, nemmeno se Abdel ci implorasse - ha sempre dichiarato il padre del ragazzo -. Noi vogliamo che nostro figlio viva”.