Omicidio Yara, il giallo delle 54 provette con le tracce dell'assassino

La difesa di Massimo Bossetti chiede di poter analizzare i reperti con nuove tecniche, il tribunale nega. Per gli avvocati: "Quelle tracce sono inutilizzabili dopo il trasloco deciso dalla magistrata"

Massimo Bossetti

Massimo Bossetti

Bergamo - Il sostituto procuratore di Bergamo Letizia Ruggeri deve essere indagato per depistaggio sul Dna del caso Yara Gambirasio. A stabilirlo è Alberto Scaramuzza, gip di Venezia (sede competente per i magistrati bergamaschi), che ha disposto la trasmissione degli atti alla procura della città lagunare perché proceda all'iscrizione nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato di frode in processo penale e depistaggio. Prevede così l'articolo 375 del codice penale per "chi immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato".

È (solo per ora) l'ultimo, importante capitolo di una sorta di guerra punica che si combatte attorno ai 54 campioni del Dna rinvenuto sugli slip e sui leggings di Yara, quello di "Ignoto 1" identificato con genetica certezza in Massimo Bossetti: pietra fondante della sua condanna all'ergastolo per l'omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra.

La difesa chiede da anni l'esame delle tracce biologiche (accordato e successivamente negato). Con il trascorrere del tempo ha avanzato pesanti dubbi sul loro stato stato di conservazione, dopo il trasferimento dall'ospedale San Raffaele di Milano all'Ufficio corpi di reato del tribunale di Bergamo.

Il gip veneziano motiva la sua decisione con la circostanza che in presenza di una denunzia-querela e di un atto di opposizione degli avvocati di Bossetti "in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri si impone la necessità di una estensione soggettiva dell'iscrizione nei suoi confronti". La finalità è "permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell'opponente (la difesa di Bossetti, ndr), che richiedono un necessario approfondimento, sia al fine di permettere alla stessa un'adeguata difesa". Il gip Scaramuzza ha archiviato per Giovanni Petillo, presidente della prima sezione penale del tribunale di Bergamo, e Laura Epis, responsabile dell'Ufficio corpi di reato.

Era stato nelle quasi settanta pagine di opposizione all'archiviazione che l'avvocato Claudio Salvagni (legale di Bossetti con Paolo Camporini) aveva puntato il dito contro il pm protagonista delle indagini sul caso Gambirasio. Per la difesa del muratore di Mapello, il pm Ruggeri avrebbe precise responsabilità nel cambio di collocazione delle 54 provette, passate dalla conservazione a 80 gradi sottozero in una cella frigorifera del San Raffaele all'Ufficio corpi di reato. L'interruzione della catena del freddo potrebbe avere deteriorato il Dna rendendo vano ogni eventuale tentativo di nuove analisi.

Il 26 novembre (è la ricostruzione nell'atto di opposizione), dopo la pronuncia favorevole della Cassazione, l'avvocato Salvagni chiede l'accesso ai campioni. Il giorno dopo il presidente Petillo lo autorizza, precisando che va inteso come una mera ricognizione. Il difensore ancora non sa che il pm Ruggeri ha chiesto al tribunale di spostare le 54 provette che il 21 novembre sono state tolte dal frigo e consegnate dal professor Giorgio Casari ai carabinieri di Bergamo. Raggiungono il Palazzo di giustizia il 2 dicembre, "12 giorni dopo", quando viene eseguita la confisca disposta dal tribunale su richiesta della procura.

La confisca ne vietava la distruzione. I "54 campioni erano idonei per nuove analisi" e "le tecniche di oggi avrebbero risolto le gravi anomalie". Per questo i reperti "dovevano essere conservati al freddo, per evitare lo scongelamento e il conseguente deterioramento". Il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani, si è detto "francamente sorpreso" e "fiducioso che in sede di indagini emergerà la correttezza dei comportamenti tenuti dalla collega".