Omicidio Villa D'Adda, è imputabile il killer del trans

Daniel Savini quel giorno assunse cocaina ma secondo la relazione non era in stato di cronica intossicazione di Michele Andreucci

Villa d'Adda, la villetta in cui Daniel Savini ha ucciso un trans di 21 anni

Villa d'Adda, la villetta in cui Daniel Savini ha ucciso un trans di 21 anni

Villa D'Adda, 23 settembre 2015 - Capace di intendere e di volere al momento dei fatti e quindi imputabile e in grado di affrontare un processo. Sono le conclusioni della perizia effettuata dal professor Giacomo Filippini su Daniel Savini, 30 anni, incensurato, nato a Città del Guatemala, adottato da bambino e cresciuto a Villa d'Adda, in carcere con l'accusa di omicidio volontario perchè, secondo l'accusa, la notte del 14 febbraio scorso uccise a coltellate il transessuale brasiliano Lucas Martins Dos Santos, 21 anni, residente nel Milanese, ammazzato nell'abitazione dell'imputato, in via Casargo, a Villa d'Adda.

La relazione del professor Filippini, che era stata chiesta dal difensore del 30enne, l'avvocato Gianfranco Brancato, è stata discussa ieri, in sede di incidente probatorio, davanti al gip Alberto Viti e al pm Fabio Pelosi, titolare dell'inchiesta. Lo specialista ha ha escluso che l'uomo la notte di San Valentino fosse in stato di cronica intossicazione da sostanze stupefacenti, anche se quel giorno aveva assunto cocaina, che consumava saltuariamente. Il gip ha quindi trasmesso gli atti al pm, che a questo punto chiederà il rinvio a giudizio di Savini. Il 30enne ha sempre sostenuto di avere colpito il trans, con il quale aveva contrattato una prestazione sessuale, per difendersi da un'aggressione e di aver usato per farlo i coltelli da cucina e un bastone preso dal caminetto.

In 7 ore di interrogatorio il trentenne di Villa d'Adda aveva confessato tutto al pm, dopo essersi in un primo momento avvalso della facoltà di non rispondere. Secondo quanto accertato dagli inquirenti, era stato lui stesso a chiamare i carabinieri al mattino dopo la mattanza: nell'abitazione di via Casargo c'erano il cadavere devastato di un uomo, poi identificato come Lucas Martins Dos Santos, in parrucca e tacchi a spillo, coltelli e bastone imbrattati con il sangue della vittima. Quest'ultima viveva a Milano con un connazionale che l'aveva riconosciuto dal tatuaggio a forma di fiore sul braccio sinistro, ed era solito prostituirsi sulle strade di Zingonia, da sempre regno di travestiti e prostitute alla caccia di clienti. In un primo momento Daniel Savini aveva affermato di essere uscito di casa con un'amica e di essersi ritrovato in casa il travestito al suo ritorno. Poi, invece, aveva confessato. Per altro una telecamera di villa d'Adda lo aveva già smentito, filmandolo mentre usciva dal suo appartamento a mezzanotte e rientrava alle 4. Quattro ore e mezza dopo, la chiamata ai carabinieri.