Omicidio Villa D'Adda, il killer del trans: "Mi sono difeso da un'aggressione"

"L'ho colpito con una mannaia solo per difendermi: voleva più soldi di quelli che avevamo pattuito per una partita di crack da fumare" di MICHELE ANDREUCCI

Villa d'Adda, la villetta in cui Daniel Savini ha ucciso un trans di 21 anni

Villa d'Adda, la villetta in cui Daniel Savini ha ucciso un trans di 21 anni

Villa D'Adda, 22 gennaio 2016 -  "Mi sono difeso da un'aggressione, non sono stato io a iniziare. L'ho colpito con una mannaia solo per difendermi: voleva più soldi di quelli che avevamo pattuito per una partita di crack da fumare". E' la versione fornita ieri mattina in udienza preliminare, davanti al gup Raffaella Mascarino, da Daniel Savini, il 31enne, incensurato, nato a Città del Guatemala, adottato da bambino e cresciuto a Villa d'Adda, in carcere con l'accusa di omicidio volontario perchè la notte del 14 febbraio dell'anno scorso uccise a colpi di coltello e di mannaia il transessuale brasiliano Lucas Martins Dos Santos, 21 anni, residente nel Milanese, ammazzato nell'ambitazione dell'imputato, in via Casargo, a Villa d'Adda.

Il 31enne, assistito dall'avvocato Gianfranco Brancato, ha ripercorso quella terribile notte, che ha cambiato per sempre la sua vita di bravo ragazzo, promoter di Sky in un centro commerciale di Vignate (Milano), la passione per il karate, una laurea in Scienze della Comunicazione. "Quel giorno - ha spiegato Savini - primo ho avuto un rapporto sessuale con una ragazza (circostanza confermata dalla giovane, ndr), poi ho contattato il trans a Zingonia, che avevo conosciuto un mese prima, ma che la sera del 14 febbraio non avevo riconosciuto perchè aveva una parrucca diversa. Mi sono accordato con lui per acquistare per 70 euro un po' di crack. In auto, però, facevo molto freddo e allora abbiamo deciso di andare a casa mia. Abbiamo fumato parecchio e lui ad un certo punto ha iniziato a dare i numeri, mi ha chiesto più soldi. Allora siamo usciti per andare ad un bancomat, ma questo era fuori uso e siamo tornati a casa mia".

"A questo punto - ha proseguito il suo racconto Savini - lui ha chiuso a chiave la porta d'ingresso e mi ha aggredito brandendo un coltello. Grazie alla mia conoscenza del karate, l'ho disarmato. Quindi ho afferrato un coltello e poi una mannaia con la quale l'ho colpito alla testa". Alla fine della testimonianza, il gup Raffaella Mascarino ha rinviato l'udienza al 19 marzo, quando è prevista la sentenza. Savini sarà giudicato con l'abbreviato e, in caso di condanna, potrà beneficiare dello sconto di un terzo sulla pena finale.