Omicidio Seriate, caso aperto. Tizzani: "Il killer è libero, spero lo prendano"

Un anno dopo il delitto parla il marito di Gianna, rimasto l'unico indagato

Antonio Tizzani e Gianna Del Gaudio (De Pascale)

Antonio Tizzani e Gianna Del Gaudio (De Pascale)

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Seriate (Bergamo), 24 agosto 2017 - «Sono ancora qui, ad Avellino. Domenica hanno ricoverato mio padre, che ha 97 anni. Si è svegliato che era tutto gonfio, l’abbiamo portato in ospedale. Il giorno dopo è nato il mio ultimo nipotino, figlio di mio figlio Mario. Lo hanno chiamato Tommaso. È la vita: grandi gioie e grandi dolori». Antonio Tizzani, dodici mesi dopo. Un anno fa, venti minuti dopo la mezzanotte del 26 agosto, la moglie Gianna Del Gaudio, un’insegnante in pensione di 63 anni, veniva sgozzata nella cucina della sua abitazione, un villino di piazza Madonna delle Nevi, a Seriate. Era di spalle, stava lavando i piatti. Dal giorno dopo l’omicidio, il marito Antonio è indagato per omicidio, un “atto dovuto” per l’ex capostazione, 68 anni, sempre rimasto a piede libero, che non ha mai smesso di accusare un misterioso assassino incappucciato. Il caso non è chiuso: la procura prosegue le indagini, il pm Laura Cocucci ha già chiesto una proroga nonostante i termini non siano scaduti.

Signor Tizzani, un anno dopo. «Un anno dopo è solo sofferenza e tristezza. Manca chi doveva essere qui vicino a me: mia moglie Gianna. Pensare che l’anno scorso, di questi tempi, eravamo dove mi trovo adesso, ad Avellino. Eravamo arrivati l’11 agosto. Siamo ripartiti il 25. Il 26 è successo. Sto facendo lo stesso percorso senza di lei».

Tornerà a casa, ma dove?  «Nella casa di Seriate, la nostra casa. È stata dissequestrata. Ho incaricato una ditta per ripulirla. È pronta. Prima andavo e venivo. Sarò fisso lì”.

Tornerà a vivere in mezzo ai ricordi. «Dentro quella casa c’è tutto, il mio tutto. Mentre quelli delle pulizie lavoravano, mi mettevo appoggiato al tavolo della cucina, guardavo il punto dove ho trovato Gianna. E pensavo: ‘Cosa mi dico? Cosa dico a me, Antonio Tizzani?’».

Non pensa di vendere la casa? «Mai. Mai. Qui ho vissuto per trent’anni con mia moglie. Abbiamo visto tutto, c’è dentro tutta la nostra vita». 

Teme di venire processato? «Il processo? Lo faranno, non lo faranno? Cosa mi diranno? In fondo non mi tocca. Mi faranno delle domande e risponderò. La verità è quella, l’ho vissuta. L’uomo incappucciato, l’ora, le cose che ho fatto. Me lo hanno chiesto tante volte, ho risposto sempre le stesse cose. È la verità. Cosa posso dire di più? Il pomeriggio del 27 agosto sono entrato in casa con il magistrato e i carabinieri. C’era ancora l’acqua per terra perché quando Gianna è stata uccisa stavo innaffiando. Come avevo detto».

Lei ha sempre incolpato un fantomatico incappucciato. Ma chi può essere? «Boh. Uno straniero? Un italiano? Uno che aspettava Gianna? La porta era aperta, c’era da rubare. Io ero di spalle, poteva uccidere anche me. Me lo sono ripetuto anche stanotte: se l’avesse fatto a quest’ora sarei ancora insieme con mia moglie».

La telecamera di un suo vicino non ha ripreso questo incappucciato.  «La telecamera era rotta e poi guardava da tutt’altra parte».

Nella sua abitazione non sono state trovate impronte di estranei. «Eppure quello io l’ho visto e poi l’ho visto scappare. Non so cosa avesse ai piedi. Ricordo quel cappuccio, non un cappuccio particolare, poteva essere quello di una tuta, forse di una taglia un po’ grande». 

Secondo lei il vero assassino verrà preso?  «Lo spero. Però devono indagare anche su altri, non solo su di me».

Lo hanno fatto, hanno controllato numerose persone.  «Non sarà stato sufficiente».

Si è fatto qualche idea?  «Di idee ne ho tante, ma nomi non ne faccio».