Caravaggio, omicidio in sala slot: killer assolto perché incapace

Sentenza per l'omicida della sala slot: trascorrerà 15 anni in una Rems

I carabinieri impegnati nel rilievi alla sala slot

I carabinieri impegnati nel rilievi alla sala slot

Caravaggio (Bergamo), 6 marzo 2019 - L'esito era scontato. Ieri la conferma nell’udienza preliminare davanti al gup Maria Luisa Mazzola. Assoluzione per incapacità di intendere volere, quindi impossibilità di affrontare un processo. Ma non sarà libero, perché Maurizio Novembrini, 44 anni, siciliano, residente a Treviglio, autore del duplice omicidio alla sala slot di Caravaggio, avvenuto il 4 aprile 2018 (uccise il fratello e la sua compagna) dovrà trascorrere 15 anni in una Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) dove peraltro Novembrini già si trova da alcune settimane, dopo aver trascorso un periodo di carcere.

Una perizia, effettuata dal professor Massimo Biza, nominato dal gup, era arrivata alla conclusione che il 44enne è totalmente incapace di intendere e volere per un disturbo paranoide di personalità, e socialmente pericoloso. L’esito della perizia, va ad aggiungersi a quelle effettuate dal consulente della difesa (avvocato Paolo Birolini) Enzo Giovanni Bosco, e da quello della parte civile (avvocato Rocco Lombardo), Luigi Tentoni, entrambe erano giunte alla stessa conclusione raggiunta dal professor Biza. Ad armare la mano di Novembrini quel pomeriggio, per l’accusa (pm Gianluigi Dettori) sarebbero stati dissapori con il fratello Carlo, mentre la compagna di quest’ultimo, Maria Rosa Fortini (la coppia viveva a Sergnano, Cremona), si era trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato. Maurizio Novembrini il 4 aprile dello scorso anno fece irruzione nella sala slot “Gold Cherry” e aprì il fuoco prima contro il fratello, con cui non andava d’accordo da anni, e poi contro Maria Rosa Fortini.

Una vera e propria esecuzione. I primi segni della paranoia l’omicida iniziò a manifestarli durante una detenzione in carcere conclusasi nel 2004: aveva maturato la convinzione di aver fatto un torto alla mafia e per questo si sentiva in pericolo di vita. L’atteggiamento persecutorio si è ripetuto anche durante l’attuale carcerazione: il 15 maggio, Novembrini aveva incendiato un materasso per richiamare l’attenzione perché, aveva dichiarato, non si sentiva al sicuro, aveva timore che qualcuno volesse avvelenarlo. Più volte, poi, ha confidato di udire delle voci che lo chiamavano Saviano (come lo scrittore) e Buscetta (il primo grande pentito di mafia).