Omicidio di Curno, la sorella di Marisa esce dal coma e chiede: "Ma è stata uccisa?"

Deborah (23 anni) era insieme alla vittima quando l'ex marito ha commesso il delitto ed è rimasta gravemente ferita

Marisa (a destra) con la sorella Deborah

Marisa (a destra) con la sorella Deborah

Bergamo, 5 febbraio 2019 - «Ma Marisa è stata uccisa?» Sono le prime parole pronunciate da Deborha, 23 anni, barista, alla mamma Giusi, dopo essersi svegliata dal coma. Nella notte tra sabato e domenica ha subito un delicato intervento per frenare l’emorragia provocata dalle tre coltellate inferte dal cognato Ezzeddine Arjoun, 35 anni, tunisino, in cella per l’omicidio della moglie Marisa Sartori, (oggi avrebbe compiuto 26 anni) e il tentato omicidio di Deborha che ha cercato di difendere la sorella.  Nei prossimi giorni, non appena il suo stato di salute lo permetterà, verrà sentita dai carabinieri per ricostruire i dettagli della tragedia. Intanto domani Arjoun, assistito dall’avvocato Rocco Di Sogra, verrà interrogato dal gip Lucia Graziosi per la convalida dell’arresto.

E giovedì verrà effettuata l’autopsia sul corpo di Marisa. Un matrimonio al capolinea, quello tra Marisa e Ezzeddine (si erano sposati in Tunisia nel 2012, nonostante il parere negativo dei genitori della ragazza). Nell'aprile scorso la vittima aveva avviato la pratica di separazione. Il 20 gennaio i due avevano appuntamento al comune di Sant’Omobono, per la parola fine. Marisa si era presentata, lui no. Marisa, da quando era tornata a vivere a Curno, a casa dei genitori, era preoccupata: temeva il suo ex perché girava con in tasca un taser e un coltellino, e i vicini lo sapevano. E per questo non rientrava dal lavoro da sola. Il 28 gennaio la vittima aveva firmato la denuncia nei confronti del marito: maltrattamenti, stalking, minacce. La querela era stata depositata in procura il 29, assegnata al pm il 30 e il 31 la pg era stata incaricata di effettuare gli accertamenti. Ma il tempo non è bastato.