Omicidio di Curno, la sorella della vittima: "Il coltello? Se l’è portato"

Il reo confesso dice di averlo trovato, la cognata ferita lo smentisce

Da sinistra Deborha Sartori e a destra Marisa uccisa dall'ex marito

Da sinistra Deborha Sartori e a destra Marisa uccisa dall'ex marito

Curno (Bergamo), 13 febbraio 2019 - Subito dopo essersi costituito ai carabinieri e anche durante l’interrogatorio di convalida, Ezzedine Arjoun, il 35enne tunisino in carcere per l’omicidio della ex moglie Marisa Sartori, 25 anni, e il tentato omicidio della cognata Deborha, 23, ha sempre sostenuto che il coltello usato per uccidere l’aveva trovato nel locale spazzatura che si trova nei garage del condominio di via IV novembre, a Curno, dove vivono i genitori di Marisa. E dove lei si era trasferita dopo aver lasciato Ezzedine.

Una versione, quella dell’indagato (difeso dall’avvocato Rocco Di Sogra) che sarebbe contraddetta da quella rilasciata ai carabinieri dal letto dell’ospedale da Deborha. La sorella di Marisa avrebbe raccontato, infatti, che quella sera, quando loro due sono arrivate nei garage in auto, il tunisino sarebbe andato incontro, e poi avrebbe colpito per prima lei e poi la sorella, quest’ultima con sei fendenti.

Se fosse confermato, vorrebbe dire che il 35enne aveva già con sé il coltello, e quindi non l’aveva trovato. L’arma ora è ai Ris per gli accertamenti chiesti dal pm Gaverini. Intanto lunedì sera più di 700 persone hanno partecipato alla fiaccolata in ricordo di Marisa. La mamma Giusy ha scritto una lettera pubblica al gruppo “Sei di Bergamo se”. Ecco alcuni passaggi. «Difficile per me, Deborha e Roberto spiegare le violente emozioni, gli stati d’animo contrastanti che ci hanno accompagnato questa settimana. Come altrettanto difficile è cercare di esprimere con lucidità i sentimenti che accompagnano questi nostri ringraziamenti per quanto avete fatto per noi. Scriviamo spinti da un sincero e profondo sentimento di stima e di forte commozione da parte nostra per quello che avete fatto per noi in un momento, così terribile della nostra vita. Vorremmo abbracciarvi tutti, uno ad uno, per ringraziarvi di quanto avete fatto. Ci sono persone che sistemano in silenzio i tuoi peggiori disordini emotivi, che ti aiutano quanto meno te l’aspetti. E voi siete tra quelle. Grazie di tutto».

E ieri mattina in tribunale è stato processato Raouf Arjoun, 36 anni, cugino di Ezzedine, arrestato dalla polizia locale di Seriate durante alcuni controlli contro le occupazioni abusive in un edificio di via dei Tasca. Raouf Arjoun, che era stato espulso nel marzo del 2016, in aula ha spiegato di essere tornato in Italia per aiutare il fratello che si trova in carcere per droga. Il giudice ha dato il nulla osta per l’espulsione.