Omicidio di Curno, l'appello della sorella di Marisa: "Le donne minacciate vanno difese"

La ragazza uccisa a coltellate dall’ex marito

Marisa (a destra) con la sorella Deborah

Marisa (a destra) con la sorella Deborah

Curno (Bergamo), 10 febbraio 2019 - «Che non accada mai più quello che è accaduto a mia sorella. Le donne minacciate devono essere ascoltate, sono in pericolo». Non ha esitato a mettere in gioco la sua vita di 23 anni per salvare quella di Marisa dalla furia del coltello dell’ex marito Ezzedine Arjoun, una settimana fa, a Curno, nel garage sotto casa. Ha lottato per sopravvivere. Non può ancora lasciare il suo letto all’ospedale Papa Giovanni XXII, a Bergamo.

Ma Deborah Sartori riesce a trovare dentro di sé tanta forza, quella per lanciare un appello ed anche quella per coltivare un rimpianto. L'appello è stato affidato all’avvocato Marcella Micheletti, legale della famiglia e dell’associazione “Aiuto Donna” di Bergamo, a cui si era rivolta Marisa. «Le donne che perdonano, come abbiamo visto in questi giorni, si trovano a vivere in una condizione di assoluto pericolo. Vanno ascoltate di più, questo voglio dire alle forze dell’ordine. Perdonare non significa essere fuori pericolo. Mia sorella aveva perdonato tante volte, ma non per questo si è salvata. Le donne che hanno bisogno devono essere ascoltate, consigliate, aiutate, difese, protette da chi le tormenta. Chiedo giustizia per Marisa, certo, ma chiedo più attenzione per tutte le donne». Questa giovane coraggiosa, pronta a sacrificarsi per un affetto, riesce ancora a rammaricarsi, quasi a farsi un rimprovero: «Avevo promesso a mia sorella che l’avrei protetta io, che non l’avrei mai lasciata sola. “Lui, pensavo, non le farà niente perché ci sarò io”. Avevo promesso e non ci sono riuscita».

Deborah avrebbe voluto essere ai funerali, ieri pomeriggio, accanto a mamma Giusi e papà Roberto, ma i medici hanno ritenuto che non dovesse lasciare la stanza “protetta”, dopo l’intervento chirurgico per fermare l’emorragia e il ricovero in terapia intensiva. Ha dato un compito a tutti quelli che sarebbero stati presenti: «Portatele un pezzo del mio cuore». «Faccio mie – dice avvocato Marcella Micheletti – le parole di Deborah e quanto detto dal parroco di Curno nell’omelia. Che la tragica morte di Marisa possa far nascere una sensibilità diversa e un impegno più serio e più profondo da parte delle istituzioni nei confronti della violenza contro le donne, che troppo spesso rimane impunita e che non si riesce ancora a prevenire. Che non sia la fine, ma sia l’inizio di un nuovo percorso».