Bergamo, morta nel rogo in ospedale: la comunità brasiliana pagherà il funerale di Elena

Dolore, disperazione, rabbia si rincorrono sul piazzale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII durante la manifestazione organizzata dal Comitato dei cittadini per i diritti umani onlus

Il presidio  davanti al Papa Giovanni XXIII

Il presidio davanti al Papa Giovanni XXIII

Bergamo, 1 settembre 2019 - Dolore, disperazione, rabbia si rincorrono sul piazzale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII durante la manifestazione organizzata dal Comitato dei cittadini per i diritti umani onlus. Ma c’è posto anche per la pietà, per la solidarietà. Pietà e solidarietà hanno reso possibili i funerali di Elena Casetto, una vita di diciannove anni arsa in un rogo divampato il 13 agosto nel reparto di psichiatria dell’ospedale, mentre la ragazza era legata a un letto di contenzione. Dopo una lunga attesa, la salma di Elena potrà lasciare la camera mortuaria del Papa Giovanni. Raggiungerà Osio Sopra, il paese dove la mamma aveva fissato la residenza, nello scorso giugno. I funerali saranno domani alle 10 nella chiesa parrocchiale di San Zenone vescovo. Elena verrà tumulata nel cimitero di Bergamo.

Nadia Santos, avvocato di origini brasiliane con studio a Brescia, ha un ruolo di raccordo fra le comunità dei suoi connazionali sparse per la Lombardia: «È stato importante che le comunità brasiliane abbiamo dato questa grande prova di unità a sostegno della madre di Elena, non lasciandola sola. È una mamma che ha perso la figlia. Le comunità più popolose sono quelle di Bergamo e Brescia, ma la solidarietà concreta per raccogliere i fondi e rendere possibile che venissero celebrati i funerali, è venuta da tutta da tutta la Lombardia, ma anche da altre città italiane. Una solidarietà fatta di tanti piccoli gesti che alla fine hanno permesso a questa donna di avere i funerali per sua figlia. Rimane lo sconcerto per quanto è accaduto. Rimane la richiesta di verità e giustizia da parte della madre di Elena. È anche la nostra richiesta».

«Il comitato dei cittadini per i diritti umani - dice il vice presidente Alberto Brugnettini - è stato fondato in Italia nel 1979. Dieci anni prima, negli Stati Uniti, era nata l’associazione Citizen commission for human rights, con sede in California. La nostra mission è la lotta contro gli abusi nel campo della salute mentale. Le nostre campagne sono contro il Tso, la contenzione, l’elettrochoc. Oggi siamo qui per protestare per una ragazza che è stata divorata dalle fiamme nel reparto di psichiatria di questo ospedale. In Italia il 95% dei reparti psichiatrici fa ancora uso della contenzione. Questa è una pratica che l’Alto commissariato Onu per i diritti umani ha classificato come tortura. In effetti, se uno pensa a un letto di contenzione, gli viene in mente Torquemada. Contestiamo la legge sul Tso che consente queste cose. È chiamata impropriamente “legge Basaglia”. Ma Basaglia non ha mai condiviso l’uso della contenzione, anzi lo ha contestato apertamente. In una intervista aveva criticato l’inserimento della psichiatria all’interno degli ospedali. Diceva che il comportamento umano non ha niente a che fare con la medicina e temeva che nei reparti di psichiatria si riproducessero le stesse pratiche dei manicomi, che erano appena stati chiusi. Cosa che è puntualmente avvenuta qui a Bergamo. Una ragazza, legata a un letto di contenzione, muore bruciata viva nella civilissima Bergamo, nel 2019».