L’auto nel fiume, la testa sott’acqua: "È vero, volevo ammazzare Romina"

Il delitto di Fara, interrogato il marito che era in cura psichiatrica. "Mi stava lasciando, non ci ho visto più"

Carlo Fumagalli e Romina Vento

Carlo Fumagalli e Romina Vento

Fara Gera d’Adda (Bergamo) - Carlo Fumagalli voleva annegare la compagna Romina Vento. Mentre lei per mettersi in salvo apriva la portiera della Renault Mégane finita nell’Adda, chiedendo aiuto, lui l’ha afferrata e le ha messo la testa sott’acqua. La sua intenzione era quella di uccidere. Lo ha fatto capire lo stesso Fumagalli ieri durante l’interrogatorio di convalida davanti al gip Vito Di Vita. L’uomo e la donna, poi, sono usciti dal lato passeggeri della vettura che pian piano stava scivolando sott’acqua. Fumagalli, esperto nuotatore, ha raggiunto la sponda a nuoto ed è scappato. Mentre la corrente del fiume stava trascinando via Romina, ripescata dai vigili del fuoco a oltre 300 metri da punto in cui era caduta la Mégane.

L’interrogatorio di convalida, durato una ventina di minuti, si è svolto in una camera blindata del reparto di Psichiatria dell’ospedale Papa Giovanni XXIII dove l’uomo, accusato di omicidio volontario aggravato, è stato ricoverato giovedì sera, dopo aver manifestato intenzioni suicide in carcere e dove è piantonato. Nelle prossime ore il giudice scioglierà la riserva sulla convalida dell’arresto. Il 49enne ha ripercorso gli attimi precedenti al delitto. È andato a prendere Romina, 44 anni, in auto al lavoro, al pastificio Annoni di Fara Gera d’Adda, dove viveva la coppia, al termine del turno, le 21.30. Con lei c’era un collega che ha accettato un passaggio a casa.

"Una volta rimasti soli (i figli erano a casa) i due hanno iniziato a discutere animatamente – ha spiegato il difensore di Fumagalli, avvocato Fabrizio Manzari –. Lei aveva manifestato l’intenzione di lasciarlo, lui ha perso la testa e, invece di imboccare la strada verso casa, ha indirizzato l’auto nell’unico punto senza guard rail. Non entro nei particolari. Dico solo che il mio assistito ha confermato la ricostruzione fornita ai carabinieri al momento dell’arresto". Quando ha capito che la loro relazione era ormai giunta alla fine, ha puntato l’auto nel fiume ."Mi è andato il sangue alla testa", ha detto l’indagato. "Fumagalli era in cura dal 2021 a causa di un disagio psichico profondo – sottolinea il suo legale –. Da tempo assumeva farmaci per controllare i deliri notturni e le ossessioni che lo affliggevano. Da cinque settimane non prendeva più i medicinali, non ha specificato per quale motivo, e questo lo ha portato a commettere il delitto. Che non era premeditato, è stato un gesto d’impeto, probabilmente voleva morire anche lui insieme alla compagna. Durante l’interrogatorio non ha mai chiesto dei figli". Il 49enne non era un tipo violento: "Chi lo conosce è rimasto stupito rispetto a quanto è accaduto, non era un uomo collerico e non c’era nessuna avvisaglia di quanto sarebbe poi successo – continua l’avvocato -. Tutti lo descrivono come una persona tranquilla e mite e questo fa capire ancora di più che all’origine dell’omicidio c’è il raptus di un uomo affetto da un disturbo psichico". I figli della coppia hanno 10 e 15 anni, la nonna materna ha manifestato l’intenzione di prendersi cura di loro. Martedì è in programma l’autopsia al Papa Giovanni XXIII di Bergamo.