2010-03-24
A QUALE BERGAMASCO non è stata rivolta la fatidica domanda: Berghem de hura o Berghem de hota? Da questa comune esperienza è iniziata la nostra riflessione sugli stereotipi di cui noi Bergamaschi siamo oggetto e su quanto sia breve il passo dallo stereotipo alla caricatura ridicola e detestabile.
Nell’immaginario collettivo noi Bergamaschi siamo tutti muratori, mangiamo solo polenta e osei e ci esprimiamo a pota pota. Siamo come il Gioppino: gente buona come il pane, ma capace anche de spacà il nas, gente laboriosa, ma chiusa e poco accogliente. E in TV il bergamasco-tipo è il magut di Bertolino o Marcello del GF9, il panettiere semi-analfabeta dalla forte inflessione dialettale.
Eppure Bergamo ha dato natali illustri e non occorre risalire al Caravaggio o a papa Giovanni, per trovare qui grandi nomi della cultura: da Gavazzeni a Longaretti, da G. Galli a Todeschini. E chi dice che i Bergamaschi sono poco accoglienti, dovrebbe parlare con Sokhna, Sibora e Eglantina, le nostre compagne immigrate da Senegal e Albania. “Noi ci siamo sentite accolte a scuola e dai vicini di casa”, dicono tutte. “I vicini hanno insegnato a mia madre alcune ricette e hanno aiutato me con la lingua e nei compiti”, precisa Sibora. Che aggiunge: “Gli stereotipi sono come i pregiudizi: spesso non corrispondono alla realtà e fanno male”. Farne esperienza diretta aiuta a capirlo.