2010-02-03
—BERGAMO—
SERGIO MARRA si era adatatto a fare l’operario alla ditta Elgicolor di Ciserano (dove è stato occupato per oltre anno), ma la sua vocazione professionale era un’altra, quella di tecnico informatico. Attività che ha svolto per qualche tempo, cioè fino a quando ne ha avuto la possibilità. Ma è stato un periodo troppo breve, che lo ha illuso. «Poi, pur di non restare a casa disoccupato ,si era deciso a cambiare, accettando anche di fare l’operaio. Io e lui abbiamo condiviso momenti belli e altri meno felici e per la sua morte non c’è da colpevolizzare nessuno, ma solo da ringraziare Sergio per tutto quello che ha saputo donarci. Quello che è successo è stato del tutto inaspettato: la vita non l’ha compreso e la società, cioè tutti noi, non l’abbiamo aiutato».

A RICORDARE COSÌ l’operaio disoccupato che in preda alla disperazione si è dato fuoco sabato scorso ed è morto per le ustioni subite, è Francesco Vendola, un amico che vive in provincia di Como, presente ai funerali che si sono svolti ieri pomeriggio nella chiesa parrocchiale del quartiere di Boccaleone, dove Sergio Marra abitava. «E’ stata una tragedia improvvisa - racconta - arrivata senza alcun preavviso. Ero al corrente delle difficoltà che Sergio stava passando, me lo aveva confidato lui stesso al telefono, ma mai mi sarei immaginato che potesse decidere di farla finita, in un modo così terribile, poi... Ogni tanto ci vedevamo, o, quando non era possibile, ci sentivamo telefonicamente. Sapevo di questa sua difficoltà a reinserirsi di nuovo nel mondo del lavoro, ma in attesa di trovare un posto, almeno a parole, non si dava per vinto. E allo stesso tempo continuava a coltivare la sua passione per l’informatica, il settore che più lo interessava, anche dal punto professionale».

INSIEME CON LA MOGLIE Linda Sardo, più giovane di lui, Sergio, 36anni, si era trasferito a Bergamo da Galatina (Lecce) sei anni fa. Dopo qualche tentennamento inziale, alla fine avevano deciso di acquistare l’appartamento nel condominio di via Pizzo Recastello. «Nonostante fossero qui da tempo - continua l’amico Francesco - non avevano stretto molte amicizie con i vicini. Ma non perchè Sergio fosse chiuso o poco comunicativo: anzi, di lui ho un ricordo bellissimo, quello di un ragazzo sereno, che amava la vita e sorrodeva volentieri. Certo - aggiunge - la perdita del lavoro lo aveva amareggiato, ma non sembrava depresso. Almeno, io non ho mai percepito nulla di ciò. Sicuramente la loro situazione non era facile. Anche la moglie Linda, che era occupata come commessa in un negozio, da qualche mese aveva perso il lavoro. Insomma: di soldi in casa ultimamente non ne giravano molti. Ma non era soli, perchè i genitori di entrambi davano loro una mano economicamente, per far fronte a questo periodo difficile. Che Sergio confidava fosse transitorio: proprio per questo motivo, nel tempo libero continuava ad occuparsi di informatica, nella speranza un giorno di poter trovare una occupazione in quel settore. Proprio per questo non riesco a spiegarmi ciò che è accaduto: perchè lo ha fatto?»

LA STESSA DOMANDA se l’è posta anche il parroco, don Alberto Marchesetti, che ieri ha officiato i funerali a cui hanno partecipato oltre 200 persone, tra parenti arrivati dalla Puglia e amici di Sergio e di Linda: «In tanti ci siamo chiesti il perchè di quel gesto - ha detto il sacerdote nella sua omelia - e forse una risposta adeguata a questa domanda non esiste. O, forse c’è, ma se l’è portata via Sergio. Ciò che possiamo fare ora è smetterla di pronunciare parole approssimative, poichè nessuno è in grado di entrare nella mente di una persona. La vita non l’ha compreso e nemmeno la società, sempre alla rincorsa frenetica del benessere. Una società dove il lavoro non è più garantito». Ora la salma di Sergio Marra sarà portata a Galatina, il paese d’origine dell’operaio, dove sarà tumulata.
Rocco Sarubbi