2009-10-30
— PONTE SAN PIETRO —
È INIZIATO ieri mattina, davanti al giudice Donatella Nava, il processo contro un medico del reparto di Ostetricia e ginecologia del Policlinico di Ponte San Pietro, finito a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per la morte di un bimbo avvenuta durante il parto, il 26 ottobre del 2007. La partoriente, residente a Brembate, era sana e il bimbo che portava in grembo non aveva mai accusato problemi fino ad allora. Ma poco prima del parto si erano verificate alcune difficoltà. Durante il travaglio, come evidenziato dalla consulenza commissionata dal pm Letizia Ruggeri, il monitoraggio aveva certificato che il nascituro era “vivo e vitale”, anche se evidenziava “sofferenza fetale”. In pratica, il bimbo aveva poco ossigeno; per l’accusa, il cordone ombelicale era troppo corto e avrebbe finito per soffocare il piccolo. Secondo il consulente del pubblico ministero, che ieri ha illustrato la sua perizia in aula, per tentare di salvare il nascituro bisognava ricorrere a un parto cesareo. Ed è in base a questo ragionamento che, al termine dell’udienza preliminare, il gup Giovanni Petillo aveva invece prosciolto le due ostetriche che erano presenti al parto. La decisione, infatti, spettava a un medico, le due infermiere si dovevano limitare a seguire le indicazioni. Entrambe, insomma, avevano fatto il loro dovere, segnalando la situazione anomala che si era venuta a creare ed eseguendo le disposizioni dei medici. Come parti civili al processo figurano la donna che ha perso il bimbo, il suo compagno e i familiari, tutti assistiti dall’avvocato Roberto Peccianti del foro di Milano.
M.A.