Bergamo, incendio in ospedale: trappola mortale

La vittima legata al letto e carbonizzata. Non c’erano gli ugelli dell’acqua. La Procura nomina un perito

I vigili del fuoco intervenuti per domare l'incendio

I vigili del fuoco intervenuti per domare l'incendio

Bergamo, 15 agosto 2019 - Una prima relazione consegnata alla pm Letizia Ruggeri, ieri mattina, riporta i primi, sommari elementi su cui si baserà l’inchiesta per il rogo all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo, dove Elena Casetto, una paziente della psichiatria di 19 anni, di Osio Sopra, è morta carbonizzata nel letto al quale era legata dopo essere stata sedata. Il fascicolo aperto ieri ipotizza il reato di omicidio colposo a carico di ignoti. In attesa che il perito nominato dalla Procura, un ingegnere, si metta al lavoro, e si esegua l’autopsia, fissata per la prossima settimana, la Squadra mobile mette i primi punti fermi.

Emerge intanto che nel reparto al terzo piano della torre 7, chiuso e posto sotto sequestro dopo il rogo, non sono presenti gli erogatori dell’acqua – una deroga alla normativa antincendio – perché i pazienti potrebbero staccarli e utilizzarli come strumenti taglienti. Le fiamme sono partite alle 10. Mezz’ora prima, la giovane aveva tentato il suicidio stringendosi le lenzuola attorno al collo. È stata sedata, bloccata a letto con le cinghie di contenzione che le tenevano gambe e braccia e torace. Pochi minuti dopo uscito il personale dalla stanza della giovane è scattato l’allarme antincendio. Nella camera c’è una telecamera che non registra, ma serve per tenere monitorati i pazienti. L’ipotesi iniziale, quella di un atto volontario compiuto dalla paziente con un accendino, al momento non trova riscontro: dell’oggetto non è stata rinvenuta traccia all’interno della stanza. Chiaro che il pm prima di procedere aspetti che sul tavolo arrivino le varie relazioni (quella dell’ospedale, quella del suo consulente, della Squadra mobile, dei Nas, e dei vigili del fuoco) per farsi una idea di come siano andati i fatti. È stata istituita una commissione tecnico-organizzativa formata da operatori dell’Agenzia di tutela della salute e dell’Asst Papa Giovanni XXIII. Lo conferma il direttore sanitario Ats, Carlo Tersalvi. La prima riunione è in programma martedì.

L’obiettivo è quello di verificare le procedure seguite dalla struttura e le attrezzature disponibili, per comprendere se all’allarme si sia data una risposta adeguata. La commissione chiederà di consultare la cartella clinica della vittima, e i registri in cui vengono annotate tutte le procedure di protocollo che prevedono controlli visivi dei pazienti ogni 15 minuti e dei parametri vitali ogni mezz’ora. Intanto sulla morte di Elena hanno preso posizione anche l’Unione nazionale della associazioni per la salute mentale (organizzazione a cui aderiscono le Associazioni di familiari e utenti impegnate nelle regioni d’Italia) e il garante nazionale dei detenuti. «Sarà certamente la procura a dover fare piena luce su quanto accaduto e individuare eventuali responsabili, ma, noi familiari e persone che vivono la condizione della sofferenza mentale, sappiamo bene quanto, tragedie di questa entità e gravità, non sono dettate sempre dalla fatalità». Ora stanno valutando di costituirsi parte civile in un eventuale processo.