Bergamo, gregari e rivali alla camera ardente: "Viva Felice Gimondi"

A Paladina l'omaggio al grande campione. La figlia: "Un esempio"

La figlia di Gimondi, Norma

La figlia di Gimondi, Norma

Paladina (Bergamo), 20 agosto 2019 - Norma è la replica somatica del padre. Gli è accanto, con mamma Tiziana e la sorella Federica, sulla linea dell’ultimo traguardo, nella chiesetta alle spalle della parrocchiale di Paladina. Questa mattina il mondo di chi lo ha amato saluterà Felice Gimondi. «Papà – ricorda Norma – ci ha insegnato i valori della vita, non con le parole, ma con i comportamenti. Noi siamo bergamaschi, le parole per noi non contano. Sono contenta di essere riuscita a riportarlo qui, nella sua terra. Quando ero bambina facevo fatica a tenere il suo passo, anche quando rallentava. Negli ultimi tempi in pianura riusciva a starmi dietro. In salita faceva fatica. Sentivo che azionava il cambio, anche se faceva piano perché non sentissi».

Un po’ del mondo di Gimondi è già qui, quello di un ciclismo d’antan, ancora eroico, pulito, sacrifici oscuri e successi sfavillanti, lotte anche feroci ma a viso aperto. I colleghi, i compagni, gli antagonisti. Volti consegnati alle figurine e agli ovali delle biglie si ripropongono segnati da reticoli di rughe, incanutite o svanite le capigliature. Vittorio Adorni si trattiene a lungo accanto alla bara del vecchio amico, lo rivede sorridente in tre fotografie. «Nel 1965 ero il suo capitano alla Salvarani. Io ho vinto il Giro e lui terzo. Non voleva venire al Tour, diceva che il suo contratto non lo prevedeva. Il contratto è stato cambiato. Siamo partiti. Lo mandavo in fuga tutti i giorni. Dopo una settimana sono stato male e sono tornato a casa. Felice ha vinto. Da lui ho avuto due grandi soddisfazioni. La prima è stata quella di presentargli quella che sarebbe diventata sua moglie. La seconda quella di vedergli vincere il mondiale in Spagna, nel ‘73. Come direttore sportivo l’avevo preparato. Dopo la corsa l’ho salutato: ‘Ciao, torno a lavorare’. Avevo già aperto la mia agenzia di assicurazioni. Quando si è ritirato Felice ha fatto lo stesso». Adorni ha corso sia con Gimondi sia con Eddy Merckx, alla Faema. Inevitabile che si evochi l’ombra del Cannibale: «Non è vero che se non ci fosse stato Merckx avrebbe vinto di più. È vero il contrario. Senza Merckx, Gimondi li avrebbe avuti tutti contro e avrebbe vinto di meno».

Gianni Motta è ingrigito senza smarrire il piglio un po’ guascone e l’aria del ragazzo di provincia intelligente e furbo. «Abbiamo corso insieme per la prima volta a diciassette anni. Eravamo rivali e tanto. Capitava che io o lui facessimo vincere un altro purché non vincesse uno dei due. Poi è arrivato quello là ha sistemato tutto». “Quello là” era l’onnivoro Merckx. Cosa vorrebbe dire, oggi, a Gimondi? «Gli direi: ‘Se mi hai fatto qualche sgarbo, ci devi pensare tu’. ‘Se te ne ho fatti io, lascia perdere’. Il tempo arrotonda tutto. Negli ultimi anni ci siamo voluti bene. Viva Felice».

I gregari. Serge Parsani. La moglie di Giacinto Santambrogio, gregario d’eccellenza, che ora ha ritrovato il suo capitano e pedala con lui su un percorso senza salite. Ernesto Colnago, re dei meccanici e artista delle bici («Ero il meccanico di Merckx e amico di Gimondi»).

Scorre un lungo filmato in bianco e nero, con la voce appassionata di Adriano Dezan. Italo Zilioli è rimasto il piemontese signorile e schivo di allora. Franco Balmamion, due Giri conquistati senza vincere un tappa, ha i capelli bianchi e le sembianze di un cinese saggio. Athos Pirovano, massaggiatore di Gimondi alla Bianchi. I continuatori. Claudio Corti. Paolo Savoldelli. Ivan Gotti. Vittorio Algeri. Beppe (Turbo) Guerini. Schiatta di ciclisti orobici. Pierino Gavazzi. Enrico Ruggeri compare nel pomeriggio. Ha dedicato a Felice “Gimondi e il cannibale”. «È una storia di volontà. Gimondi ha insegnato che nella vita si deve combattere, dare tutto, anche quando si sa di perdere. La canzone ci ha fatto conoscere. Gliel’ho cantata per i settant’anni. Ho tentato di fare cantare anche lui senza riuscirci».

Osvaldo Volpi, di Villa d’Almè, ha una saga familiare da raccontare: «Mia mamma è stata la balia di Felice. Quando ha vinto il Tour mio padre ha scritto una canzone per lui: ‘Parte Felice per la grande avventura, per la corsa più aspra e più dura’». L’ex cestista Pierluigi Marzorati. L’attore Maurizio Tabani ha interpretato Gimondi in “Una vita a pedali”, Felice è stato a vederlo tre volte di seguito e ha pianto.

È commosso Giancarlo Giorgetti. «Oggi non parlo di politica. Gimondi è stato il primo campione della mia vita. Era giusto passare a salutarlo». «Vado a tuffarmi nel casino», si congeda il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Lenti rintocchi di campane. La fila si allunga sotto la canicola. La storia di Felice Gimondi continua. Perché le grandi storie non possono finire.