Bergamo, anziani derubati da finti carabinieri

Il processo a due uomini accusati di 21 furti. Le vittime in aula: "Ci siamo fidati, chi poteva immaginare?"

Il tribunale di Bergamo

Il tribunale di Bergamo

Bergamo, 18 luglio 2019 - «Si sono presentati a casa nostra, hanno esibito un tesserino che sembrava proprio quello dell’Arma dei carabinieri, ci hanno spiegato che erano stati avvisati della presenza in zona di un ladro e che dovevano entrare in casa nostra per verificare che fosse tutto a posto. Ci siamo fidati, chi poteva immaginare che fossero dei ladri? Ci hanno fatto aprire la cassaforte per accertare che non mancasse nulla e mentre uno dei tre parlava con me e mia moglie, gli altri due si sono impossessati, con abilità e destrezza e senza farsi accorgere da noi, di gioielli e orologi di valore. Quindi se ne sono andati, ringraziandoci anche per la nostra disponibilità».

È la testimonianza rilasciata ieri mattina in tribunale da marito e moglie residenti nella Bassa Bergamasca, una delle coppie finite nel mirino di due cittadini sinti di 37 e 27 anni, a processo a Bergamo con l’accusa di aver compiuto, tra l’agosto e l’ottobre del 2015, 21 colpi, nove nella Bergamasca e gli altri nelle province di Milano, Lodi, Pavia, Brescia e Cremona.

Il loro modus operandi era sempre lo stesso: spacciandosi per carabinieri in borghese ed esibendo un falso tesserino, stando alle accuse, avrebbero messo a segno furti e rapine ai danni di persone, molti gli anziani, che abitavano in cascinali isolati in campagna, riuscendo sempre a fuggire con un bottino in gioielli, orologi e denaro in contanti. Secondo quanto accertato dagli inquirenti, i due guadagnavano la fiducia delle vittime, dicendo loro che dovevano entrare nella loro abitazione perché era stata loro segnalata la presenza di ladri in zona. Una volta in casa, mentre un falso carabiniere intratteneva i proprietari, l’altro perquisiva i locali, si impossessava di monili e preziosi. Il sodalizio criminale era capace di mettere a segno anche cinque colpi in un giorno, con un bottino che a volte superava i 50mila euro in poche ore.

Un complice dei due sinti a processo è stato condannato nel giugno del 2017 dal gup Ilaria Sanesi a 6 anni e 8 mesi di reclusione per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti e rapine, la medesima imputazione di cui devono rispondere i due imputati. L’udienza di ieri, celebrata davanti al collegio giudicante presieduto dal giudice Giovanni Petillo, è proseguita con le testimonianze di altre vittime del sodalizio criminale, che era stato smantellato dalla polizia di Pavia al termine di laboriose indagini. Il dibattimento riprende a settembre.