Bergamo, primo figlio e dimissioni: crescono i casi di abbandono del lavoro

Quello che manca non è la voglia di fare bambini quanto la capacità di resistere e garantire presenza

Neonati

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Bergamo, 17 luglio 2019 - Assenza di parenti che possano dare una mano; i costi di asilo nido e baby sitter, gli orari di lavoro e la distanza dal luogo di lavoro. Sono le principali cause che anche nella Bergamasca spingono molte persone a lasciare la propria occupazione.

Lo mette nero su bianco la relazione annuale dell’Ispettorato del Lavoro, che è stata ripresa dalla Cisl per un’analisi critica della situazione. Sono in aumento le dimissioni dopo la nascita del primo figlio: nel 2018, ci sono state 100 richieste in più nella nostra provincia. In un anno si è passati da 1.322 a 1.425 dipendenti che si sono dimessi, 1.071 lavoratrici e 354 lavoratori. A sorpresa, aumenta il numero dei padri che lasciano il lavoro dopo la nascita del primo figlio: nel 2017, a Bergamo e provincia, sono stati 333, lo scorso anno, invece, 354.

«Da qualche anno a Bergamo ci si straccia le vesti per la sempre più scarsa natalità – sottolinea Francesco Corna, segretario generale della Cisl di Bergamo – Ma quello che manca non è la voglia di fare bambini, quanto la capacità di resistere al lavoro e non far mancare ai figli assistenza e presenza. Il calo demografico è conseguenza di questa situazione. Non facciamo più figli anche perché non possiamo permetterci di abbandonare il posto di lavoro. Per garantire un futuro alla nostra società, è necessario creare condizioni economiche e normative a sostegno di maternità e paternità, partendo dal rimuovere tutti gli ostacoli economici e normativi, ancora esistenti».

Corna allarga la sua analisi anche alle aziende. «Anche queste - prosegue il segretario generale della Cisl di Bergamo, sindacato da sempre molto attento a questa emergenza – devono evolvere dal punto di vista culturale. Un padre o una madre che non hanno problemi nella cura dei propri figli, lavorano meglio e producono di più. Il tutto a vantaggio anche del datore di lavoro». E aggiunge: «Fino a questo momento, i governi che si sono succeduti alla guida del nostro Paese hanno sottovalutato questo allarmante fenomeno e non hanno fatto quasi nulla per arginarlo e per garantire tranquillità ai lavoratori, siano essi donne o uomini. Adesso, però, è arrivato il momento di cambiare».

«Ci auguriamo che negli incontri in programma a livello nazionale - conclude la sua analisi Francesco Corna - si inizi concretamente ad affrontare il tema drammatico del calo della natalità, con sostegni economici e strutture adeguate. A livello provinciale, invece, proponiamo la costituzione di un tavolo permanente dedicato esclusivamente alla famiglia, al quale partecipino associazioni ed istituzioni che operano sul territorio, e che abbiano quindi cognizione di causa nell’affrontare questa emergenza. L’obiettivo è quello di coordinare le politiche locali volte ad aiutare le famiglie per sostenere la natalità. E’ arrivato il momento che non è più possibile non affrontare il problema».