Fatture false per 40 milioni, quattro arresti

L’indagine della Guardia di Finanza di Sarnico: smascherata una fitta rete di società. Il denaro finiva in conti aperti nell’Est Europa

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di Francesco Donadoni

Il denaro finiva in conti esteri aperti in istituti di credito in Polonia, Slovenia e Slovacchia. Qui, come ha ricostruito la Guardia di Finanza della Tenenza di Sarnico, sono confluiti i pagamenti di fatture false, successivamente monetizzati con prelevamenti di denaro contante. I soldi ripuliti varcavano di nuovo i confini e rientravano in Italia grazie agli “spalloni”. Una inchiesta voluminosa che si è conclusa con la custodia cautelare per quattro persone, tre in carcere e una ai domiciliari, autori di reati tributari, fallimentari, riciclaggio, usura ed estorsione. A una quinta persona indagata è stato imposto il divieto di avviare imprese o ricoprire cariche direttive. In carcere sono finiti S.R., 46enne di Chiari ma residente a Pontoglio, L.Z., 58enne residente a Scanzorosciate (già indagato a piede libero nella precedente inchiesta) entrambi difesi dall’avvocato Tropea (saranno sentiti dal gip oggi), e O.C., 46enne di Calcinate residente a Telgate. Ai domiciliari L.O., 41enne di Monza ma residente a Soncino (gli ultimi due assistiti dall’avvocato Zambelli): sono stati sentiti ieri dal giudice e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Il quinto indagato, P.C. 69 anni, di Cellatica (Brescia) sarà interrogato martedì. Il provvedimento, emesso dal gip Federica Gaudino, ha disposto anche il sequestro dei beni e disponibilità finanziarie per oltre 27 milioni di euro. Tra i beni, sequestrate una villa in Sardegna, altre due ville (una a Scanzorosciate e una a Ponte di Legno) e una decina di appartamenti. "Questa indagine – ha sottolineato il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani – è il classico esempio di economia che definisco inquinata, intossica il mercato e grazie a questa attività investigativa abbiamo svolto una operazione di bonifica. Quando l’economia finisce con l’inquinarsi, a rimetterci sono anche le imprese che operano in maniera regolare, oltre allo Stato". Questa indagine nasce nel 2018. Un primo filone su cui ha lavorato il pm Nicola Preteroti, poi prematuramente scomparso per un male incurabile. È proseguita e ora le misure cautelari, epilogo di un’articolata inchiesta coordinata dal pm Antonio Pansa. Tutto è nato a seguito di una verifica fiscale che nel febbraio 2019 aveva portato al sequestro di beni e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 4 milioni.

L’indagine è proseguita attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione e controllo, esame di documentazione contabile e bancaria, audizione di testimoni. È stato così possibile ricostruire una fitta rete di società, costituite e amministrate direttamente o a mezzo di prestanomi complici dei principali indagati, utilizzate per emettere dal 2015 al 2018 fatture relative a operazioni inesistenti per oltre 40 milioni di euro, in favore di numerose società compiacenti operanti nel Nord Italia, principalmente nel settore edile, della meccanica, del commercio di bancali in legno e pellet. Insomma, il sistema di creare società cartiera che in realtà avevano la funzione di fatturare. Un articolato meccanismo criminale creato al solo scopo di consentire un’evasione milionaria a vantaggio di numerosi imprenditori utilizzatori delle false fatture, ma che è servito anche per mascherare la restituzione di capitali concessi in prestito a tassi usurari dagli indagati ad aziende in difficoltà. Grazie agli accertamenti bancari, i militari di Sarnico sono risaliti anche ai flussi finanziari verso conti esteri aperti in istituti di credito in Polonia, Slovenia e Slovacchia, sui quali sono confluiti pagamenti di fatture false.