Bergamo: un endoscopio per leggere la storia

Uno strumento usato in ospedale per svelare i "tesori" dei 6 rotoli dell’esploratore Beltrami

Il professor Marco Valle con il dottor Nicola Gaffuri

Il professor Marco Valle con il dottor Nicola Gaffuri

Bergamo - Era il 1823 quando l’esploratore bergamasco Costantino Beltrami scoprì le fonti del Mississippi, percorrendo a ritroso i quasi 4mila km del fiume più lungo di tutte le Americhe. Dal suo viaggio, che durò 7 anni, portò archi e frecce, un tamburo, utensili da cucina, vestiti e uno scalpo: sono solo alcuni dei reperti che l’esploratore riportò a Filottrano (Ancona), dove morì nel 1855. Oggetti per testimoniare la vita e le usanze dei nativi americani e custoditi al museo Caffi di Bergamo. Ma portò in Italia anche 6 rotoli di corteccia di betulla essiccata di cui due, conservati al museo, sono al centro dell’indagine di Humanitas Gavazzeni. Attraverso l’uso di endoscopio ad alta definizione, con immagini illuminate e ingrandite, è stato possibile leggere l’interno del rotolo sfruttando le pieghe naturali del reperto in modo non invasivo. "L’indagine — spiegano da Humanitas — fa parte di un percorso di studio iniziato nell’estate 2019 quando Ray Phaneuf, fisico dei materiali della Maryland University e appassionato di storia dei nativi americani, ha messo a disposizione i propri studi per indagare la storia delle incisioni dei rotoli di Beltrami, portandoli al centro di ricerca Elettra-Sincrotrone di Trieste che ha permesso di “srotolare virtualmente“ le cortecce e osservarne il contenuto. Per scoprire i tesori nei rotoli di Beltrami erano necessarie ulteriori indagini".

A effettuare la speciale analisi Nicola Gaffuri, responsabile dell’Unità di gastroenterologia ed endoscopia digestiva. "Abbiamo messo a disposizione un nostro strumento quotidianamente usato per la diagnosi di patologie gastrointestinali, l’endoscopio, per una ricerca insolita — spiega Gaffuri —. L’endoscopio ad alta definizione ci ha permesso di controllare le piccole particolarità di un millimetro, illuminando e mostrando elementi fino ad ora rimasti nascosti in modo mini invasivo, senza intaccare il materiale". Cosa si è scoperto? "È presto per dirlo — dicono dall’Humanitas —. Entrambi i rotoli di Beltrami, come è stato possibile vedere dalle immagini trasmesse dal videoendoscopio, presentano segni che denotano un utilizzo della corteccia, forse come supporto di scrittura. L’albero di betulla era considerato sacro per i nativi americani e la sua corteccia era largamente utilizzata, per le sue doti di impermeabilità, per rivestire canoe e tepee (la tipica abitazione). È attestato, anche, che la corteccia di betulla venisse utilizzata per scrivere, simile ai fogli di papiro nell’Antico Egitto". "Non sono in grado di interpretare i segni che il videoendoscopio ci ha mostrato — spiega Marco Valle, direttore del museo Caffi —, perché ritengo che le indagini da fare siano ancora molte".