Bergamo, discarica alla Fara: tutti colpevoli

Locatelli e 4 collaboratori condannati. La pena più pesante all’imprenditore di Grumello: un anno e mezzo

l cantiere alla Fara che provocò una frana tamponata con i terreni considerati non a norma

l cantiere alla Fara che provocò una frana tamponata con i terreni considerati non a norma

Bergamo, 14 settembre 2017 - Tutti colpevoli. Si è chiuso con cinque condanne il processo per le discariche abusive della Fara, a Bergamo - 20mila metri cubi di materiale stipato sotto la Rocca, a inizio 2009, quando gli scavi per il futuro parcheggio da otto piani provocarono una frana - e di Carvico e Villa d’Adda. La pena più pesante, 1 anno e 6 mesi (senza condizionale), è stata inflitta dal giudice Gaetano Buonfrate all’ex imprenditore edile di Grumello Pierluca Locatelli, ex titolare dell’omonimo Gruppo, ritenuto responsabile per la realizzazione di tutte e tre le discariche.

Condannati anche quattro suoi ex collaboratori: 8 mesi con la condizionale sono andati ad Andrea Fusco (per tutti e tre i siti abusivi); 6 mesi (pena sospesa), invece, la condanna rimediata da Luca Milesi e Giovanni Rocca, solo per la discarica della Fara; 5 mesi con la condizionale, infine, la pena inflitta a Corrado Sora per la discarica di Città Alta. Locatelli e Fusco, inoltre, dovranno versare un risarcimento di 35mila o 70mila euro per il sito di Bergamo, a seconda che il Comune scelga il ripristino originario del sito o meno e di 50mila ciascuno per le discariche di Carvico e Villa d’Adda.

Secondo il pm Laura Cocucci, sui terreni di Carvico e Villa d’Adda Locatelli aveva scaricato una parte del materiale tolto durante gli scavi della galleria Parscera, aperta nel 2007 proprio a Carvico. Materiale “cattivo”, lo ha definito l'accusa, pieno di scorie di fonderia. Locatelli - è la tesi del pm - non sapeva come disfarsene, lo smaltimento a suo carico, come stabilito in un contenzioso con la Provincia, gli sarebbe costato soldi. Così nell’emergenza della frana in Città Alta l’imprenditore aveva preso due piccioni con una fava: salvare la Rocca liberandosi delle scorie. E guadagnandoci, pure, "perché ci fu un passaggio di denaro con la Bergamo Parcheggi - ha evidenziato nel corso della sua arringa il pm Cocucci -. Locatelli dice che il materiale è stato vagliato prima, ma non esiste documentazione che lo attesti". Nei tre siti, secondo l’accusa, esistono tutti i requisiti che la Cassazione usa per definire una discarica: plurimi e reiterati conferimenti; l’eterogeneità del materiale; la definitività dell’abbandono e il degrado ambientale.

Ben diversa la lettura delle difese, forti anche di una lettera dell’Arpa diretta a Palazzo Frizzoni che, facendo riferimento "all’incontro con i tecnici del Comune e chiarita la destinazione dell’area", precisa come i valori nella discarica della Fara siano "a norma per quel tipo di tabella": l’uso commerciale, infatti, prevede livelli un po’ più alti, quanto basta per far rientrare i campioni abbondantemente nei limiti di legge. Deluso Locatelli: "A questo punto - ha dichiarato subito dopo la lettura della sentenza pronunciata dal giudice Gaetano Buonfrate - rinuncio a capire. Io ho rispettato la legge, non so perché sono finito a processo".