Dimessa e poi colpita da infarto, marito: "Non fate più lavorare chi sbagliò la diagnosi"

Il compagno della quarantaduenne parla del medico sospeso: "Sollevato, ma voglio di più"

Peter Assembergs, direttore generale dell’Asst

Peter Assembergs, direttore generale dell’Asst di cui fa parte l’ospedale di Romano.

Romano di Lombardia, 8 dicembre 2019 - «La decisione dei vertici dell’ospedale di Romano di Lombardia mi dà un po’ di sollievo. Ma voglio ancora più giustizia. Tutte quelle persone che hanno operato al pronto soccorso di Romano non devono più fare quel lavoro». Così il marito di Mariana Seban, la romena 42enne di Cividate colpita da un infarto il 20 novembre, dopo essere stata visitata e dimessa dal pronto soccorso dell’ospedale di Romano di Lombardia e ora ricoverata in Rianimazione all’ospedale bresciano di Chiari, dove era stata trasportata d’urgenza per un arresto cardiaco accusato una volta dimessa e tornata a casa. La direzione dell’Asst Bergamo Ovest (di cui il nosocomio di Romano fa parte), in base alle risultanze delle analisi concluse dalla commissione d’inchiesta, istituita per far luce sul caso, ha deciso di sospendere il medico che si era occupato della donna e di chiudere il contratto con la società per cui lavora, la Panacea Soccorso e servizi sanitari cooperativa sociale onlus di Treviglio, che gestisce il pronto soccorso.

L’Asst Bergamo Ovest, su mandato del direttore generale Peter Assembergs, ha annunciato l’apertura di un procedimento disciplinare interno e la trasmissione all’Ats di Bergamo del verbale sull’inchiesta. Secondo quanto ricostruito, la paziente era giunta al pronto soccorso alle 14.35. L’infermiere di triage aveva raccolto i parametri vitali, facendola accedere con codice giallo all’ambulatorio dove, alle 14.48, il medico l’aveva visitata, prescrivendole esami ematochimici, ecocardiogramma, radiografie a torace e addome. La commissione afferma che «al momento della valutazione in pronto soccorso non erano presenti elementi obiettivi a favore di una sindrome coronarica acuta», ma «in considerazione del profilo di rischio della paziente e della natura dei sintomi, un monitoraggio clinico e strumentale con esecuzione di ecocardiogrammi seriali e ridosaggio della troponina a 3/6 ore avrebbe potuto portare a una corretta definizione diagnostica del quadro clinico».