Dalmine, ex segretario della Lega ucciso: il figlio va a processo

È accusato di avere tolto la vita a Franco Colleoni nella cascina di famiglia dopo una lite

I militari mettono i sigilli al ristorante di proprietà del noto esponente leghista

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Bergamo, 14 maggio 2021 -  Sarà processato con giudizio immediato Francesco Colleoni, 34 anni, accusato dell’omicidio del padre Franco, 68 anni, ex segretario provinciale della Lega, ucciso il 2 gennaio 2021 nella cascina di Brembo di Dalmine dove vivevano e dove la vittima gestiva il ristorante Il Carroccio. Omicidio aggravato dal rapporto familiare, per cui si rischia l’ergastolo. Il processo in Corte d’assise con presidente Giovanni Petillo. L’imputato, difeso dall’avvocato Enrico Cortesi, comparirà in aula il 3 giugno.

Davanti al gip, durante l’interrogatorio in carcere (dove si trova) Francesco Colleoni aveva confermato quanto già detto ai carabinieri, quel sabato notte. E cioè che il padre lo aveva ripreso per dei motivi banali. La vittima aveva spinto il figlio, per poi perdere il controllo.

Franco Colleoni era stato ritrovato a terra con la testa fracassata, ma sul momento del delitto per il figlio era sceso il blackout. Il figlio Francesco ai carabinieri, coordinati dal pm Fabrizio Gaverini, che era di turno, aveva parlato dei rapporti complicati e tutt’altro che buoni con il padre. Diplomato all’Istituto alberghiero, il 34enne, con la passione per la cucina, aveva preferito non rimanere a casa e per lavoro aveva girato mezzo mondo, per farsi esperienza. Era tornato due volte su richiesta del fratello Federico e, la seconda, della mamma, che pur essendo separata da Colleoni, vive ancora nella cascina. Quel giorno era uscita per fare delle compere.

Alle 11.30 mentre rincasava dei passanti le avevano riferito di aver sentito delle urla. Aveva chiamato il figlio Francesco, insieme avevano perlustrato il cortile. Franco Colleoni era a terra, senza vita. In caserma sia Francesco che la madre avevano detto di non essere entrati nell’abitazione del padre ed ex marito. Ma a tradire il giovane erano state le sue parole al 112: "Hanno ammazzato mio padre, la casa è stata rovistata". Come poteva saperlo se non era entrato? L’abitazione era a soqquadro, ma secondo i militari del Nucleo investigativo di Bergamo era stata una sua messinscena.