Sintomi dopo il Covid: fatica e palpitazioni, eredità anche dopo la guarigione

Bergamo, studio clinico sugli effetti a tre mesi: uno su due ha ancora sintomi. E il 30% continua a manifestare disturbi psicologici

Emergenza Covid

Emergenza Covid

Bergamo, 23 gennaio 2021 -  Uno su due ha ancora sintomi - come affaticamento, dispnea da sforzo e palpitazioni - a tre mesi a mezzo dall’insorgere della malattia. Le donne in particolare riferiscono la stanchezza con una frequenza quasi doppia. Una minima parte è ancora incapace di svolgere le normali attività e di lavorare e ha perso l’indipendenza o addirittura, in pochi casi, non è più autosufficiente. Importanti gli esiti a livello psicologico, con il 30% ancora alle prese con aspetti traumatici correlati al Covid anche se, per la stragrande maggioranza di loro, con risorse personali sufficienti per reagire. 

Sono questi i principali risultati dello studio clinico dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII Bergamo, che ha ideato e gestito, tra i primi centri al mondo, un percorso di presa in carico, cura e studio dei pazienti guariti da Covid-19 e transitati dal Papa Giovanni, dall’ospedale di San Giovanni Bianco e dal presidio medico avanzato alla Fiera di Bergamo. In totale sono stati valutati 1.562 pazienti che si sono ammalati tra febbraio ed agosto 2020 che sono stati sottoposti a controllo di follow-up tra maggio e ottobre. Lo studio, pubblicato su "Epidemiology & Infection", è stato condotto dagli infettivologi del Papa Giovanni Serena Venturelli (primo autore), Marco Rizzi (direttore del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale di Bergamo, Simone Benatti, Francesca Binda, Gianluca Zuglian con un team multidisciplinare composto in totale da 20 professionisti. La pubblicazione riguarda i primi 767 di questi pazienti. Enorme la mole di dati raccolta grazie ad un percorso di follow-up che ha viaggiato alla media di 30 pazienti a settimana.

Tra i dati più significativi quelli riguardanti la funzionalità respiratoria, che nel 19% dei casi è risultata patologica. Non meno rilevante il dato riguardante l’autosufficienza dei pazienti, visto che il 16% di essi ha perso indipendenza per le conseguenze del Covid. Di questi il 6% è diventata moderatamente-gravemente dipendenti dagli altri. Un numero residuo (1, 8%) non riesce ancora a svolgere le normali attività e ben 186 pazienti (24,2%) prendono ancora i farmaci introdotti durante il ricovero, con gli anticoagulanti tra i farmaci più frequenti. Numeri che ci dicono come il percorso di guarigione vada ben oltre il tampone negativo o la dimissione dall’ospedale. Ci sono poi conseguenze non strettamente connesse al Covid: oltre il 30% convive ancora con sentimenti traumatici correlati al Covid ma la quasi totalità trova il modo di reagire in modo adeguato.

Da luglio è stato anche introdotto lo screening Montreal Cognitive Assessment (MoCa), visto il numero crescente di pazienti che lamentano difficoltà di concentrazione. I risultati però sono stati giudicati patologici solo in 2 casi, nonostante 69 riferiscano sintomi correlati. Il monitoraggio post-ospedaliero insomma è qualcosa di imprescindibile e lo è anche per evitare possibili complicazioni importanti come quello di natura trombotica visto che il 38% del campione ha presentato livelli di D-dimero, indice di coagulazione nei processi trombotici, al di sopra del normale, il 17% addirittura con valori raddoppiati. "Nel pieno dell’emergenza – commentata Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII – abbiamo avvisato il resto del mondo di quello che stava succedendo, in modo da dare agli altri un vantaggio temporale che noi non abbiamo avuto. Oggi diamo al mondo i primi risultati scientifici su base occidentale sui danni a medio termine che il Covid può causare. Un altro contributo fondamentale per conoscere meglio la malattia ed elevare gli standard di cura in tutto il mondo".