"Corretto il mio operato, la Procura lo accerterà"

Bergamo, l’inchiesta sui provvedimenti presi all’ospedale di Alzano a inizio epidemia. Il dg Francesco Locati respinge le accuse

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di Francesco Donadoni

Francesco Locati, direttore generale dell’Asst Bergamo Est, uno dei cinque indagati nell’inchiesta per epidemia colposa aggravata dalla morte di più persone, ha rotto il silenzio. Ieri è intervenuto dopo le acquisizioni eseguite dalla Guardia di Finanza, su delega della Procura, sulla vicenda dell’ospedale di Alzano. Gli inquirenti gli contestano il falso ideologico e falso materiale. Avrebbe dichiarato di aver adottato le misure all’ospedale di Alzano già il 23 febbraio, quando il pronto soccorso venne chiuso e poi riaperto in un paio di ore. Per la Procura "fatti non rispondenti al vero". Locati a riguardo ha detto: "Rimango a disposizione dell’autorità giudiziaria, certo della correttezza del mio operato". A fronte delle notizie apparse su organi di stampa, Locati ribadisce "la completa veridicità delle informazioni date, come risulta agli atti ufficiali dell’Asst Bergamo Est e come l’autorità inquirente potrà accertare anche in relazione alle recenti acquisizioni". La direzione dell’Asst Bergamo Est ha diramato una nota: "La direzione aziendale, esprimendo massima fiducia nel lavoro della magistratura, intende sin d’ora rimarcare la veridicità di tutte le informazioni fornite". Francesco Locati e Roberto Cosentina, allora direttore sanitario e adesso in pensione, pure indagato, sempre da quanto è scritto nel decreto firmato dal procuratore Antonio Chiappani, avevano dichiarato, in riferimento a domenica 23 febbraio, che il pronto soccorso dell’ospedale di Alzano prevedeva un accesso differenziato per i sospetti pazienti Covid. Anche questo, secondo gli inquirenti, non sarebbe vero. Dopo il blitz delle Fiamme Gialle a Palazzo Lombardia, a Roma (dal presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro) e a Seriate, il lavoro che attende il pool di magistrati, coordinati dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota, è molto.

Gli investigatori vogliono ricostruire tutto: dagli orari di chiusura e riapertura del pronto soccorso alle comunicazioni con l’Areu, fino alle conversazioni informali fra i dirigenti e alle disposizioni impartite al personale e ai pazienti in quelle terribili ore in cui il numero dei contagi continuava ad aumentare. Serve un quadro completo e per questo occorre tempo.