Coronavirus a Bergamo, contagiato mentre era al 118: a 46 anni è il primo morto sul lavoro

L’Inail riconosce l’assegno alla famiglia del soccorritore Diego Bianco, stroncato dal Covid-19

Diego Bianco

Diego Bianco

Bergamo, 29 marzo 2020 - Aveva solo 46 anni Diego Bianco, l’autista del 118 in servizio alla Soreu di Bergamo morto il 13 marzo a causa del coronavirus. L’Inail lo ha riconosciuto come il primo caduto sul lavoro da Covid-19. Per questo la moglie Maruska e il figlio Alessio, 8 anni appena, dovrebbero ricevere un assegno di rendita come qualsiasi vedova e orfano di una vittima del lavoro. Circa 20mila euro annui.

"L’assegnazione della rendita è possibile utilizzando l’articolo 42 del decreto legge Cura Italia", ha spiegato la responsabile di Inail Lombardia Alessandra Lanza. L’articolo, infatti, prevede che i contagiati sul posto di lavoro abbiano diritto ad un risarcimento che può diventare una rendita in caso di morte. A darne il triste annuncio, quel giorno, fu Riccardo Germani, di Adl Cobas Lombardia: "Non saranno ventimila euro l’anno a ridare al figlio e alla moglie il proprio padre e marito - commenta il portavoce dell’associazione in difesa dei lavoratori -. Anche se apprezziamo il gesto dovuto dell’Inail, che ha riconosciuto come morte sul lavoro quella di Diego, le condizioni di lavoro ci vedono ancora troppo esposti per la carenza di dispositivi di protezione individuale". Inoltre, "continuiamo a chiedere che venga reso obbligatorio a tutti gli operatori e le operatrici lo screening attraverso il tampone.

"Diego - continua Germani - è morto per causa di servizio come i troppi colleghi medici, infermieri, Oss, autisti di ambulanze e soccorritori che lavorano in trincea come fossero carne da macello, subendo un abuso della loro passione e missione". Solo tra i medici sono una cinquantina in Italia. Almeno 15 in provincia di Bergamo, la più colpita dall’epidemia. Diego Bianco, originario di Seriate, viveva con la famiglia a Montello, dov’era a capo del nucleo comunale di Protezione civile.

Le ultime settimane le aveva passate al telefono, nella centrale del 118. Turni sfiancanti nei concitati giorni in cui l’infezione aveva definitivamente preso piede. È morto in casa dopo sette giorni di febbre, stroncato da una grave crisi respiratoria. "Onestamente fatico a entrare nel merito della vicenda - spiega il sindaco Diego Gatti -. Quel che so è che abbiamo perso un amico, un collaboratore preciso, laborioso e instancabile. Diego c’era sempre quando serviva decidere, quando serviva riunirsi e prendere decisioni. Era un uomo che non si sottraeva mai al suo ruolo. Sempre pronto a donarsi per gli altri. Sempre pronto a donare il suo aiuto per il bene del nostro Paese".