Bergamo, un giallo la fine del combattente morto in Siria

Giovanni Asperti caduto con le milizie curde. Il fratello: "Voglio la verità"

Le milizie curde

Le milizie curde

Ponteranica (Bergamo), 9 gennaio 2019 - Invoca la verità Stefano, fratello di Giovanni Asperti, il “combattente” di 53anni, morto a Derik, in Siria, il 7 dicembre, in circostanze poco chiare. «Non mi risulta che fosse un combattente e per “accidentali” si può intendere un incidente o anche l’esplosione di una mina», il filologo e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma chiede venga fatta chiarezza su come è morto il cinquantatreenne.  Giovanni, un manager, aveva lavorato anche sulle piattaforme petrolifere, in Kuwait. E per questo era spesso lontano. Poi, in estate l’annuncio che sarebbe andato via, per non tornare. È il 27 luglio quando prende l’aereo. «A noi – ha ricordato il fratello Stefano – aveva detto che si trattava di un viaggio di lavoro. Perché sia maturata quella scelta drastica è difficile dirlo, forse in lui si era creata una frattura che noi tutti non abbiamo mai colto.

Qualche tempo fa era venuto a trovarmi a Roma con una delle figlie. Appena prima della sua partenza era stato mio ospite per una settimana ma non aveva mai manifestato disagi». Poi le missive in cui annunciava la sua partenza e che si sarebbe unito ai curdi. A Ponteranica, dove ha vissuto fino all’estate scorsa, se lo ricordano come un tipo di poche parole. Qui sono rimaste sua moglie Cristiana (la prima a essere informata della sua morte) e i due figli, di 14 e 13 anni, Caterina e Sebastiano. (si era arruolato con i curdi contro l’Isis) abitava in via Valbona al civico 43. In paese lo si vedeva poco (a volte con eskimo e stivali di gomma). Era un tipo taciturno. Al matrimonio, celebrato in Comune, si era presentato con i calzoni corti. Eppure proveniva da una famiglia importante. Davanti al municipio c’è una targa che ricorda suo padre, Pietro Asperti, nato nel 1923 e scomparso nel 2004, medico condotto dagli anni ‘50. Giovanni era il quarto e ultimo figlio. Si era laureato con il massimo dei voti in Economia e commercio alla Bocconi. Era uno riservato, amava il lavoro, e l’impegno nel sociale. Che cosa cercasse nel Kurdistan resta un mistero che la sua morte si è inghiottita. Forse la ricerca di una battaglia per un mondo migliore. Del resto lui aveva scelto come nuovo nome “Hiwa Bosco” dove la parola Hiwa significa speranza. E allora per capire Giovanni deve tornare alle origini, alla sua famiglia. Vittoria Chiarante, la madre, docente di matematica al liceo Lussana e sorella di Giuseppe Chiarante (nato a Bosco Marengo, nell’Alessandrino), che dalla Dc dossettiana divenne senatore del Pci. Il padre Pietro - ricorda Eugenia Valtulina, responsabile della biblioteca Di Vittorio – era entrato giovanissimo in Azione cattolica e quindi nella Dc (con Chiarante, Magri, Granelli e Leidi aderisce alla corrente sinistra di base), poi al gruppo de “Il manifesto”.