Clandestini sulla rotta elvetica Da 11mila a 46mila in due anni

L’exploit non dice tutto: secondo le stime non ufficiali quelli di passaggio sarebbero oggi 80mila. Nei centri d’accoglienza la disponibilità diminuisce mediamente di 2mila posti letto ogni mese

Migration

di Paola Pioppi

Flussi continui di persone, difficoltà di collocazione e accoglienza, numeri che non si erano mai visti. Mai così tanti in così poco tempo. Negli ultimi mesi dell’anno la Svizzera si è trovata a fare i conti con un problema oggettivo che sembra esploso all’improvviso: i soggiorni illegali. Il 2020 si era chiuso con poco più di 11mila presenze, l’anno successivo quasi 19mila. Ma il 2022 tra gennaio e novembre ha raggiunto quota 46mila, e addirittura 80mila secondo le stime non ufficiali. Il problema non è certo nato ora in un Paese che geograficamente si colloca esattamente sulla traiettoria Sud-Nord dell’Europa, dove i flussi di stranieri arrivano in Italia costantemente da Sud Africa o Est Balcani e inevitabilmente convergono sul territorio elvetico per seguire ulteriori rotte verso Nord.

Ma nell’arco di pochi mesi, i numeri sono improvvisamente quadruplicati. Secondo le Guardie di confine svizzere che gestiscono le statistiche, i migranti che stanno entrando illegalmente in Svizzera sarebbero per la maggior parte di origine afghana e tunisina. I primi in arrivo dalle rotte occidentali, gli altri dal Sud e quindi dall’Italia. A questi si aggiungono gli arrivi dall’Ucraina e dall’area Balcanica, un flusso crescente.

I numeri sono di per sé chiarissimi: a gennaio i soggiorni illegali sono risultati 1.169 nel 2020, 1.263 nel 2021 e 2.238 nel 2022. Ma a novembre si è passati dai 1.197 del 2020 ai 2.417 del 2021 fino ai 7.763 del 2022. Un exploit. Da inizio anno sono oltre 46mila quelli censiti, ma il timore è che questi numeri possano velocemente raddoppiare. Così la Confederazione sta aprendo centri di accoglienza su tutto il territorio per ospitare migranti per lo più destinati a seguire altre vie: in parte per la riammissione semplificata verso altri Stati da cui può essere immediatamente dimostrata la provenienza, in parte perché interessati a proseguire il viaggio verso la Germania – circa mille al mese – o il Nord Europa, mete fortemente ambite non solo per gli sbocchi nel mondo del lavoro ma anche per i numerosi ricongiungimenti familiari.

Ma la seppur breve permanenza in Svizzera dev’essere gestita. La disponibilità nei centri d’accoglienza diminuisce di 2mila posti letto al mese, partendo dai 9mila di ottobre. "È il contesto più difficile dalla Seconda guerra mondiale", ha dichiarato Miriam Behrens (nella foto), direttore dell’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (Osar).