Caravaggio, massacro alla sala slot: "Non volevo ucciderli"

L'assassino del fratello e della compagna non risponde al gip e rilascia dichiarazioni spontanee

Il momento dello sparo

Il momento dello sparo

Bergamo, 8 aprile 2018 - "Non volevo ucciderlo, mi ero portato dietro la pistola solo per difendermi, in quanto erano anni che mio fratello mi minacciava. È stato lui ad aggredirmi per primo, gridandomi “che cosa fai qua?”. Io ho estratto la rivoltella ma i colpi sono partiti accidentalmente. Mi ha rovinato, mi ha rovinato la vita!". Si è difeso così davanti al gip Federica Gaudino, in lacrime e disperato, Maurizio Novembrini, 43 anni, che mercoledì pomeriggio è entrato nella sala slot “Gold cherry” di Caravaggio, e ha freddato con una pistola calibro 9x21 con matricola abrasa il fratello maggiore Carlo, 51 anni, e la compagna di quest’ultimo, Maria Rosa Fortini, 40 anni, casalinga.

L’uomo, che si è rifiutato di rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari, avvalendosi della facoltà di non rispondere, limitandosi a fornire brevi dichiarazioni spontanee, non ha però chiarito il movente del delitto, che rimane pertanto ancora un mistero, e non ha speso una sola parola per la compagna della vittima. Il gip ha convalidato il fermo dei carabinieri per duplice omicidio premeditato e porto illegale d’arma e ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere. Per il giudice, che nella sua ordinanza ha definito l’episodio "un delitto efferato", sussistono il pericolo di fuga dell’indagato, il pericolo di reiterazione del reato e quello di inquinamento delle prove.

A inchiodare Novembrini, il video della sala slot di Caravaggio che riprende attimo per attimo il duplice delitto: lui che punta la pistola contro il fratello, il primo colpo che si inceppa, il secondo al petto di Carlo, il terzo al collo di Maria Rosa Fortini, e poi lui che torna indietro e si accanisce sul corpo del fratello a terra esanime. Un proiettile alla testa, all’altezza della tempia e poi la canna della pistola ficcata in bocca come ultimo segno di disprezzo. Intanto gli inquirenti hanno accertato che i due fratelli, entrambi legati al clan dei Madonia di Gela, avevano già litigato la mattina di mercoledì, qualche ora prima dell’omicidio, all’interno della sala slot di cui entrambi erano assidui frequentatori. Gli investigatori, coordinati dal pm Gianluigi Dettori, stanno indagando anche sul fronte finanziario per capire come si mantenesse il killer, di fatto disoccupato che a volte riusciva a rimediare qualche lavoro di giornata come operaio.