Bergamo, 29 aprile 2014 - Sono numerosi i pellegrini bergamaschi che, dopo la giornata di domenica, interamente dedicata a Papa Giovanni XXIII e a Papa Wojtyla, ieri si sono trattenuti a Roma per partecipare alla messa di ringraziamento per la canonizzazione del pontefice bergamasco. La celebrazione si è tenuta nella chiesa di San Carlo al Corso, in via del Corso, la stessa dove Papa Roncalli venne ordinato vescovo. Ed è qui che il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, che ha officiato insieme al cardinale Dionigi Tettamanzi e al nunzio in libano Gabriele Caccia (oltre a numerosi sacerdoti e seminaristi), ha letto la lettera che ha scritto e consegnato a Papa Francesco.

«Benediciamo il Signore per il dono della santità di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II — ha sottolineato il vescovo di Bergamo —. La proclamazione di questo dono davanti alla Chiesa e al mondo alimenta la speranza che scaturisce dal Vangelo e da coloro che lo testimoniano in modo luminoso; nello stesso tempo ci sprona a ricercare, appassionatamente e con intima gioia, di raccogliere la seminagione del Vangelo che avviene attraverso i suoi testimoni e di coltivare quanto è stato seminato nella vita di ciascuno di noi, nella sua specifica vocazione e missione e nella vita di tutte le nostre comunità».

Monsignor Beschi ha poi ricordato le parole di Papa Francesco, «parole che vengono dal suo grande cuore: Lei ha fatto brillare ai nostri occhi in modo ancor più luminoso il grande esempio e la preziosa eredità del Papa, nato, cresciuto, vissuto nella nostra terra e nella nostra Chiesa diocesana che ha tanto amato».

«Caro Papa Francesco — ha proseguito Beschi — nel messaggio di questi giorni, mentre condivide la nostra gioia, lei ci affida un’eredità che è per tutte le donne e gli uomini del mondo, ma che desidera abbia una particolare accoglienza nel popolo di questa terra». Monsignor Beschi ha concluso invitando tutta la società bergamasca «a perseguire i valori della fraternità e della della solidarietà, che in maniera profonda e forte ne hanno disegnato una fisionomia che possiamo continuamente rigenerare se li poniamo come tratti indiscutibili e impegnativi della nostra convivenza civile».