Treviglio, 20 novembre 2012 - «E’ necessario muoversi al più presto e nella maniera corretta per bonificare le coperture di cemento-amianto ancora da rimuovere, al fine di tutelare la salute dei cittadini. L’amianto esposto è un rischio attuale e presente, anche se i tempi di latenza dello sviluppo delle malattie collegate, in particolare il mesotelioma pleurico, sono nell’ordine dei 20-30 anni rispetto al momento di esposizione».

A lanciare l’allarme amianto sono Lorenzo Rota e Vittorio Scaravaggi, rispettivamente presidente e segretario del circolo di Legambiente Bassa Bergamasca, che dopo aver organizzato a Treviglio il convegno dal titolo «Amianto, capire i rischi, proporre soluzioni», pongono con forza l’attenzione dell’opinione pubblica sulla delicata questione della rimozione dell’eternit, un problema che interessa l’intera provincia di Bergamo.

Da una mappatura di aree campione, eseguita dall’Arpa nel 2007, risulta che in Lombardia il quantitativo di tetti e coperture di cemento-amianto ancora presenti sull’intero territorio regionale è stimato in circa 2,8 milioni di metri cubi, pari a circa 80 chilometri quadrati, di cui al 2011 ne risultavano smaltiti soltanto 11,6. E al terzo posto in Lombardia per la presenza di coperture di cemento-amianto, sempre secondo i dati Arpa Lombardia 2007, c’è la provincia di Bergamo, con 320 mila metri cubi, di cui, sulla base delle denunce presentate, nella città di Treviglio se ne stimano 1.400 metri cubi, pari a circa 45 mila metri quadrati, di cui 6 mila già rimossi.

Secondo il PRAL, Piano Regionale Amianto Lombardia, vige l’obbligo di bonifica dei materiali contenti amianto entro e non oltre il 2016.
Proprio la massiccia e nociva presenza di amianto sul territorio e la conseguente necesità di smaltirlo in sicurezza, ha spinto la Regione a ipotizzare la realizzazione di una discarica controllata nell’ex cava Vailata, a Treviglio. Un progetto che ha suscitato la reazione negativa degli ambientalisti: «Riteniamo – sottolineano Rota e Scaravaggi - lo smaltimento in discarica dell’amianto una soluzione temporanea ed accettabile, solo se la discarica venga realizzata in un contesto rispettoso dell’ambiente: lontano dai centri abitati, con una viabilità per conferirvi il rifiuto (pericoloso) che non impatti sui centri abitati limitrofi, che non abbia interazioni con la falda freatica e che venga sottoposta ad un continuo e rigoroso controllo».Caratteristiche che non sarebbero presenti nell’impianto ipotizzato a Treviglio.

«La soluzione definitiva – concludono Rota e Scaravaggi - è un processo industriale che inertizzi l’amianto, cambiandone la struttura cristallografica (eliminazione delle fibrille) e passivando (la sostanza risultante non può reagire con altre sostanze) il composto chimico di cui è formato l’amianto. Il fatto di aver utilizzato l’amianto ed averlo inserito nell’ambiente nel quale vive l’essere umano, ha svegliato un brutto mostro; per farlo riaddormentare serve ora un lavoro complesso e costoso».
 

di Silvia Balduzzi