Bergamo, 30 ottobre 2010 - Nessuna marcia indietro. Lo stop alla “diaria” (ovvero ai rimborsi spese per gli insegnanti che accompagnano le loro classi in gita scolastica) decretato dal ministero dell’Istruzione per l’anno scolastico 2010-2011 nell’ambito del piano di razionalizzazione delle spese attuato in concomitanza con la cosiddetta Riforma Gelmini, sta allungando anche nella Bergamasca l’elenco degli istituti nei quali i docenti hanno, di fatto, bloccato la loro disponibilità a farsi garanti dello svolgimento degli itinerari d’istruzione, soprattutto nelle superiori.

Blocco delle gite scolastiche, dunque. «Troppa la responsabilità per potersi permettere addirittura di pagare di tasca propria», dicono i professori che, riuniti nelle assemblee sindacali, comunicano con documenti di fuoco le loro decisioni. In soldoni si tratta, fra trattenute e riduzioni varie, di una perdita netta compresa tra i 40 e i 70 euro al giorno, sufficienti però a provocare la rivolta dei prof, sostenuti in molti casi dagli stessi dirigenti scolastici: «Non è una questione semplicemente di denaro – sostiene Paolo Catini, preside del liceo scientifico “Mascheroni” di Bergamo, dove la presa di posizione è già stata ufficialmente comunicata da alcune settimane alle famiglie - La verità è che, in questo modo, si nega un doveroso riconoscimento all’enorme responsabilità che gli insegnanti si assumono quando si recano in viaggio con i ragazzi. Senza dimenticare che la questione della “diaria” è solo la punta dell’iceberg di una serie più ampia di tagli indiscriminati».

La prospettiva dello “sciopero delle gite” non spaventa soltanto gli studenti: a preoccuparsi sono anche le agenzie di viaggio e, ancor di più, le ditte di trasporto, abituate da tempo immemorabile a contare sugli introiti procurati dalle trasferte spesso anche fuori d’Italia. A dar voce alle inquietudini di aziende già provate dalla lunga crisi è Marilena Zani, amministratore unico della Zani Viaggi, una delle realtà di riferimento, in provincia, per le stesse agenzie e per gli istituti che organizzano “in proprio” gli itinerari didattici:

«I viaggi di istruzione – dice – garantiscono lavoro per almeno sei mesi all’anno ad alberghi, ristoranti, guide, musei e a noi operatori nel settore del trasporto, oltretutto in periodi nei quali il resto dell’attività è praticamente inesistente. Ciò che sta succedendo nella scuola impone una domanda: chi farà fronte al crollo di questi introiti e alla conseguente caduta dell’occupazione? Mi sembra – aggiunge Marilena Zani – che nei molti articoli dedicati negli ultimi due mesi alla questione delle gite, nessuno si sia preoccupato dei danni economici e sociali che tale decisione avrebbe procurato al comparto turistico, già di per sé non troppo in salute».

Il numero uno della Zani Viaggi lancia un messaggio chiaro al ministero (“Per i conti pubblici, non credo che la mancata elargizione di una diaria agli insegnanti possa compensare in minima parte le tasse versate dal comparto per i percorsi didattici”) ma poi si rivolge anche agli stessi docenti: “In un Paese come l’Italia, che trasuda storia, arte e cultura, perché voler togliere questa grande opportunità di conoscenza a molti ragazzi per una parte dei quali la gita rappresenta l’unica possibile occasione anche per i prezzi particolarmente contenuti? Il rischio – conclude Marilena Zani – è di buttare a mare un’opportunità di arricchimento sicuramente assai più attraente degli asettici libri».