Mondonico, quando regalò il sogno Europa alla Dea/ VIDEO

Trent’anni fa portò la squadra di capitan Stromberg dalla serie B ai vertici continentali

Emiliano Mondonico(Germogli)

Emiliano Mondonico(Germogli)

Bergamo, 30 marzo 2018 - Nelle migliaia di foto che i tifosi atalantini hanno pescato dal cassetto dei ricordi per postarle su Facebook, per l’ultimo saluto, il baffo è nero. Come la chioma. Che stonava vicino al biondo di Stromberg. Bergamo saluta Mondonico, il mister ‘pane e salame’, sfogliando l’album delle immagini di un passato lontano e felice. Con i ricordi di quelli che con il “Mondo“ hanno sognato e viaggiato, scrivendo tutti insieme una pagina di storia mitologica della Dea. Trent’anni fa, quando nascevano il Papu e Ilicic, la piccola Atalanta appena retrocessa in B si affacciava all’Europa per la prima volta. In Coppa della Coppe, dopo la finale di Coppa Italia persa con il Napoli dello scudetto. 

Una squadra di serie B in Europa, con un tecnico 40enne a cui i bergamaschi chiedevano solo il ritorno in A: lui regalò un sogno, una cavalcata europea, fino a un’incredibile semifinale persa in casa con gli sconosciuti belgi del Malines che poi vinsero il trofeo contro l’Ajax. Era la Dea del capitano Stromberg, di Prandelli, Cantarutti, Garlini e Progna, quella seguita da un manipolo di eroici bergamaschi nella prima trasferta europea, in Galles, contro una squadra di dilettanti dal nome impronunciabile: Merthyr Tdfil. Da ieri le pagine social dei tifosi nerazzurri sono invase da foto di quella giornata a Cardiff, con il baffo nero del Mondo e la chioma bionda di Stromberg. Il resto è storia. Da consegnare all’album dei ricordi indimenticabili. L’epopea di quell’Atalanta, provinciale a basso costo, che nei due anni successivi, inserendo il talento latino di Caniggia ed Evair, conquisto’ per due volte consecutive l’accesso in Coppa Uefa. Poi Mondonico andò a scrivere un’altra pagina di storia a Torino, e per la Dea iniziarono 26 anni di astinenza europea. Per questo a Bergamo il nome di Mondonico è indissolubilmente legato all’Europa, a capitan Stromberg e a quegli anni incredibili in cui cadeva il muro di Berlino e cambiava tutto. Poi nel 1994 il secondo tempo del film nerazzurro di Mondonico: il ritorno da Torino, per prendere una Dea in serie B e riportarla in alto, alla finale di Coppa Italia del 1996 persa contro la Fiorentina, mancando il ritorno in Europa, ma lanciando tanti giovani. 

Come Bobo Vieri che da Bergamo spiccò il volo verso la Juve, imitato un anno dopo da Pippo Inzaghi che in nerazzurro fu capocannoniere con 24 reti. E con loro tanti altri ventenni che avrebbero poi fatto bene in A: Morfeo, Locatelli, Foglio, Rustico, Zanchi, i gemelli Zenoni e il povero Chicco Pisani, per cui Mondonico pianse lacrime disperate. Fino al 1998, quando il ciclo si concluse con una nuova retrocessione atalantina e il ritorno del tecnico cremonese al Toro. In tutto 246 domeniche, tra serie A e B, in sette stagioni sulla panchina dell’Atalanta, con cui il legame non si è mai allentato. E neppure l’affetto. Nel 2011, quando il maledetto tumore lo ha aggredito la prima volta, la curva atalantina srotolò uno striscione chilometrico per sostenere il Mondo: “Con te grandi battaglie in Europa, forti emozioni, immensi ricordi. Ora tutti insieme abbattiamo l’ultimo nemico“. Sei anni fa l’impresa riuscì.

Ma oggi Bergamo piange il tecnico “pane e salame”. E lo piange il presidente Antonio Percassi che lo ricorda così: «Un uomo di grande umanità con lo sguardo sempre rivolto ai più deboli e bisognosi. Mondonico ci ha insegnato che i sogni possono diventare realtà: la sua Atalanta in Europa tenne alto il nome di Bergamo regalando emozioni indimenticabili. Oggi siamo tutti più poveri: questa è una delle giornate più tristi nella storia dell’Atalanta». © RIP