Caso Uva, nelle perizie la verità sulla morte

Il gup: decesso non incompatibile con le lesioni di Corrado Cattaneo

Giuseppe Uva (ansa)

Giuseppe Uva (ansa)

Varese, 23 luglio 2014 - Il caso Uva, l’artigiano morto nel giugno del 2008 dopo ore passate nella caserma dei carabinieri di via Saffi, si chiarirà sull’interpretazione delle perizie, le stesse che hanno portato il gup di Varese a disporre il rinvio a giudizio di sei agenti di polizia e di un carabiniere per omicidio preterintenzionale ma anche arresto illegale, abbandono di incapace e abuso di autorità su arrestato. Il giudice nell’ordinanza spiega che dai risultati emerge un impianto accusatorio «complessivamente meritevole di essere sottoposto a un doveroso approfondimento dibattimentale» considerato che le perizie sinora svolte delineano che il decesso non sia «incompatibile con la presenza di eventuali lesioni indotte».

Secondo il gup le perizie sinora eseguite, malgrado siano state disposte allo scopo di valutare l’eventuale responsabilità «del personale medico» che ha avuto in cura Uva nelle ultime ore di vita, «hanno riscontrato presenza di ecchimosi ed escoriazioni certamente prodotte in ragione di urti intervenuti con corpi contundenti». Circostanza che a suo avviso può essere spiegata sia «con un deficit di coordinamento ed equilibrio da parte della vittima» del tutto accidentale, sia con «l’inflizione di colpi» oppure «più semplicemente di cadute a terra eteroindotte». Fattori che «non privano di assoluta credibilità» le testimonianze di Alberto Biggiogero, l’amico fermato insieme a Uva quella notte d’estate di sei anni fa, e di Assunta Russo, l’infermiera dell’ospedale di Circolo che aveva assistito all’arrivo del 43enne al nosocomio. 

La morte di Giuseppe Uva, sempre secondo i risultati delle perizie citate dal gup, sarebbe stata provocata da un mix di fattori, tra cui l’abuso di alcol, le «lesioni traumatiche (etero o autoindotte) accertate», le misure «di contenzione fisica praticate consistite - almeno - nella prolungata privazione dello stato di libertà in un contesto di forte esasperazione emotiva e psichica tale da giustificare - ed imporre - un immediato intervento sanitario». Potrebbe «non essere estraneo» alla morte di Uva, quindi, «il concreto comportamento assunto dalle forze dell’ordine». Per questo, si legge nel decreto, «non può asserirsi sin da ora l’inutilità di un vaglio dibattimentale». Per queste sono state respinte le richieste di proscioglimento avanzate dal pubblico ministero.