Stipendi da 3.400 euro al mese: Canton Ticino al voto per il salario minimo

La proposta di modifica della costituzione interessa circa 20mila frontalieri italiani

Salario minimo in discussione: grande interesse sul confine

Salario minimo in discussione: grande interesse sul confine

Lavena Ponte Tresa (Varese), 10 giugno 2015 - Un salario minimo lordo da 3.500 franchi al mese, poco meno di 3.400 euro, per dodici mensilità. È la proposta di modifica della costituzione ticinese che sarà votata domenica nelle urne del Cantone a noi confinante per introdurre una soglia minina agli stipendi, fissata dal Consiglio di Stato, il governo cantonale, in base a "una percentuale del salario mediano nazionale per mansione e settore economico", escludendo chi già oggi ha uno stipendio stabilito da un contratto collettivo, ossia non più del 40% delle professioni. Una cifra variabile, quindi, settore per settore, ma comunque non inferiore ai 3.500 franchi mensili, in base alla definizione di "lavoro dignitoso" data da un tribunale federale, 500 franchi in meno rispetto alla proposta bocciata alle urne federali poco più di un anno fa dal 76% dei votanti.

Questa volta però l’iniziativa "Salviamo il lavoro in Ticino", proposta dai Verdi, è sostenuta anche dai socialisti e dalla Lega dei ticinesi, il partito con il maggior seguito nel Cantone che ha fatto della guerra ai frontalieri italiani la propria bandiera. L’idea dei promotori è semplice: con stipendi alti il ricorso alla manodopera italiana, dove non strettamente necessaria, verrà meno. Ma non troppo, comunque, considerato che un terzo della manodopera del Cantone è composta dai 67mila frontalieri e la disoccupazione è a livelli fisiologici. A beneficiare di quello che sarebbe il salario minimo più alto del mondo - in Germania è meno della metà - tutti i salariati ticinesi che percepiscono un lordo inferiore ai 3.500 franchi, ossia poco più di 17.600 lavoratori, il 15% del totale, di cui oltre 10mila frontalieri.

Sono invece 9.400 circa quelli che guadagnano meno di 3.000 franchi al mese, tra loro soprattutto donne e frontalieri italiani. Oggi si calcola che circa la metà dei 62mila frontalieri italiani - di cui circa 27mila varesini, stando agli ultimi dati diffusi dall’Ufficio federale di statistica - non sia coperta dalle tutele di un contratto collettivo di lavoro e si rimettono quindi nelle mani dei datori di lavoro per quantificare il loro stipendio, scendondo talvolta anche sotto i 2.000 euro. Quella presentata in Ticino, non è la prima iniziativa che parte da uno dei Cantoni per introdurre un salario minimo: già cinque cantoni lo hanno fatto ma solo gli elettori di Giura e Neuchâtel l’hanno poi approvato.

Anche in Ticino in questa occasione il ventaglio delle foze politiche che si sono impegnate per il "sì" è comunque ampio: per esempio Boris Bignasca, presidente Giovani Leghisti ticinesi, deputato e figlio del fondatore del partito, si è schierato a favore del referendum "perché la libera circolazione si combatte con i contingenti votati il 9 febbraio, ma anche obbligando gli imprenditori ad erogare stipendi ragionevoli", spiega.