Venerdì 26 Aprile 2024

Processo Uva, la guardia medica del tso: "Il paziente rifiutava le cure, ho percepito aggressività"

Varese, il racconto dell’intervento in caserma

Giuseppe Uva (Ansa)

Giuseppe Uva (Ansa)

Varese,24 gennaio 2015 - Giuseppe Uva, la notte prima di morire, nella caserma dei carabinieri «era inavvicinabile». A dirlo è una delle guardie mediche intervenute per il trattamento sanitario obbligatorio, sentito ieri durante il processo a due carabinieri e sei agenti, accusati anche di omicidio preterintenzionale in relazione al decesso del gruista 43enne, morto all’ospedale di Circolo la mattina del 14 giugno 2008. Lo specialista ha riepilogato la sua interazione con Uva dal momento del suo arrivo in via Saffi alla partenza dell’ambulanza per il nosocomio. Il paziente, ha detto il medico, «rifiutava di farsi visitare», rendendo difficoltoso un qualsiasi intervento. «Ho provato a ragionare con lui - ha detto - ma non sono riuscito. Continuava a muovere la testa e a protendersi verso di me. Mi ha gridato anche in faccia». Le sue urla erano lancinati al punto tale che «si sentivano fuori dalla caserma». Nessuna richiesta di aiuto e neppure alcun riferimento a eventuali percosse. «Solo» grida confuse e un atteggiamento che, a detta del medico, rischiava di essere pericoloso per l’incolumità dello stesso Uva e di chi lo circondava. 

«Ho avvertito un’aggressività reale - ha proseguito lo specialista - aveva un’energia straordinaria che mi ha fatto paura». Si è così deciso, con l’altra guardia medica (il primo a intervenire, sarà sentito prossimamente) di procedere con il tso. Mentre Uva veniva accompagnato fuori da alcuni degli operanti, si è sentito un tonfo. Il testimone ha detto di essere sicuro di aver udito «il rumore di un colpo con la testa» e di aver visto «qualcosa che vibrava», ma ha precisato di non aver visto il contatto fra Uva e una qualsiasi parete. Dopo l’urto il medico ha controllato velocemente il volto del paziente, nonostante questo provasse ancora a divincolarsi dalla presa di chi lo reggeva. «Non aveva evidenti lesioni - ha detto - e non ho visto danni fisici» anche se una qualsiasi verifica era difficile perché Uva cercava di evitare di essere avvicinato. 

Prima aveva deposto il capitano Piera Stornelli, all’epoca responsabile della compagnia di Varese. «La mattina dopo i fatti - ha chiarito - ho letto le annotazioni di servizio. Da quei documenti emergeva come fosse necessario togliere dalla strada Uva e l’amico che fu bloccato con lui, Alberto Biggiogero». Per questo il capitano ha specificato di «non avere dubbi sull’operato dei suoi uomini». Certezza che motiva in pieno, per il militare, l’assenza «di provvedimenti e approfondimenti». L’udienza si è chiusa ascoltando le telefonate di quella notte fra forze dell’ordine e operatori sanitari. Si torna in aula venerdì 30

di E.C.