Gallarate, donna accoltellata dal marito mentre dorme: chiuse le indagini

Il pm depositerà la richiesta di rinvio a giudizio per uxoricidio volontario con numerose aggravanti, tra cui il procurato aborto, i futili motivi e la presenza di due minori

Carabinieri in via Ristori 20, dove è avvenuto l'omicidio a Gallarate

Carabinieri in via Ristori 20, dove è avvenuto l'omicidio a Gallarate

Gallarate, 30 giugno 2015 -  Chiuse le indagini, la Procura di Busto Arsizio ( Varese) si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per Gjin Preducaj, 43enne albanese che lo scorso dicembre ha ucciso la moglie incinta di otto mesi mentre dormiva nel lettone con il figlio di tre anni, con una coltellata alla gola, nella loro casa a Cedrate di Gallarate. ll pm Nadia Calcaterra depositerà la richiesta di rinvio a giudizio per uxoricidio volontario con numerose aggravanti, tra cui il procurato aborto, i futili motivi, la condizione di inferiorità fisica in cui si trovata la donna (dormendo non poteva difendersi) e la presenza di due minori. Preducaj avrebbe avuto dubbi sulla paternità del figlio che la donna portava in grembo. L'autopsia sul corpo della donna ha invece confermato che era suo.

LA RICOSTRUZIONE - Dormiva nel lettone con il suo bambino di tre anni, mentre la figlia maggiore dormiva in un'altra stanza. Verso le 2.30 il marito l'ha aggredita. Il 42enne connazionale si é alzato ed é andato in cucina a prendere un coltello con una lama lunga trenta centimetri. Tornato in camera da letto, ha colpito la moglie al collo con un solo fendente, provocandone la morte probabilmente per dissanguamento. L'uxoricida ha poi telefonato a sua sorella in stato confusionale: «È tutto finito», avrebbe detto. Sul posto sono arrivati i soccorritori del 118, chiamati dai parenti dell'omicida, e i carabinieri di Gallarate e del Reparto Operativo di Varese. Dopo aver confessato l'omicidio e indicato l'arma del delitto, il quarantaduenne si é trincerato nel silenzio senza spiegare i motivi del suo gesto. I carabinieri di Gallarate e Varese stanno ascoltando in caserma familiari e conoscenti della donna.