Caso Macchi, dopo 27 anni la procura generale chiude: "C’è uno spiraglio di verità"

Terminata l’indagine su un uomo già all’ergastolo di Mario Consani

Lidia Macchi (Newpress)

Lidia Macchi (Newpress)

Milano, 27 lugluo 2014 - Forse ci sarà un processo. Dopo 27 anni, clamorosa svolta sul caso di Lidia Macchi, la ragazza di Varese trovata senza vita la sera del 5 gennaio 1987, a Cittiglio. Il sostituto procuratore generale Carmen Manfredda ha depositato l’avviso di chiusura indagini nei confronti di Giuseppe Piccolomo, già in carcere e condannato in via definitiva all’ergastolo per il delitto di Carla Molinari (più conosciuto come “delitto delle mani mozzate”) avvenuto 22 anni dopo, il 5 novembre 2009. 

L’autunno scorso, la procura generale lo aveva iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario, sulla base della denuncia delle figlie dello stesso Piccolomo, Cinzia e Tina, che da anni si dicevano convinte della responsabilità del padre: con loro piccole, si era vantato del delitto di Lidia Macchi. Inascoltate per anni, sono state credute dalla procura generale che ha avocato le indagini dalla procura di Varese, aprendo un fascicolo per omicidio volontario nei confronti di Piccolomo.  Ora il sostituto pg Carmen Manfredda ha chiuso l’inchiesta depositando gli atti e salvo sorprese chiederà il rinvio a giudizio dell’indagato. Nel contempo, sollecita invece l’archiviazione per un sacerdote coinvolto nelle indagini a suo tempo dalla procura di Varese, risultato però definitivamente estraneo ai fatti. 

«Abbiamo così sgombrato il campo da un sospetto che per troppi anni è rimasto attaccato a quella persona - commenta l’avvocato generale dello Stato Laura Bertolè Viale - ora vedremo se le prove saranno sufficienti per trovare il responsabile dell’omicidio». La procura generale ritiene di aver raccolto indizi importanti nei confronti dell’indagato. Tra gli elementi che supportano l'accusa c’è anche una foto di Piccolomo da giovane, resa pubblica in una puntata della trasmissione tivù “Quarto grado” e acquisita agli atti. Corrisponde all’identikit tracciato a suo tempo da tre donne, che avevano denunciato di essere state molestate sul piazzale dell’ospedale di Cittiglio due giorni prima del delitto. Proprio su quel piazzale, Lidia Macchi aveva parcheggiato l’auto prima di incontrare il suo carnefice. 

Giuseppe Piccolomo, in questi mesi, sempre sull’onda delle dichiarazioni delle figlie è stato indagato anche per l’omicidio della moglie Marisa Maldera, deceduta in un incidente stradale che potrebbe aver nascosto, anche in questo caso, un omicidio.  La chiusura delle indagini anche sul delitto di Lidia Macchi, per la procura generale consolida l’ipotesi che l’uomo possa essere insomma un serial killer, responsabile non di uno ma di tre delitti.

di Mario Consani