Delitto Macchi: "Lidia non fu sedata, seguì un suo conoscente"

Udienza a Varese per fare il punto sugli accertamenti sulla salma riesumata lo scorso 22 marzo. Tempi lunghi per gli accertamenti genetici: nessuna traccia di farmaci o sostanze stupefacenti sui resti

Lidia Macchi

Lidia Macchi

Varese, 8 luglio 2016 - Sono previsti tempi lunghi per gli accertamenti sulla salma di Lidia Macchi, riesumata lo scorso 22 marzo. Dagli esami è emerso però un primo punto fermo: non sono state trovate tracce di farmaci o di sostanze stupefacenti sui resti della studentessa di Varese massacrata nel gennaio 1987 con 29 coltellate. Il particolare è emerso nel corso di un'udienza davanti al gip di Varese Anna Giorgetti per fare il punto sugli accertamenti in corso con la formula dell'incidente probatorio sulla salma della ragazza.

Nel pool di esperti nominati dal gip una tossicologa, Marina Caligara, è stata incaricata di accertare se la vittima fosse stata narcotizzata con farmaci o sostanze stupefacenti. “Il fatto che non siano emerse tracce – ha spiegato il legale della famiglia Macchi, avvocato Daniele Pizzi – ci porta a pensare che Lidia quando è stata uccisa si trovava con qualcuno che conosceva, che potrebbe aver seguito volontariamente”. Per quanto riguarda gli altri accertamenti in corso – la ricerca di eventuali tracce biologiche sui resti da confrontare con il dna di Stefano Binda, arrestato lo scorso 15 gennaio con l'accusa di aver violentato e ucciso Lidia Macchi e difensore dagli avvocati Sergio Martelli e Roberto Pasella - sono previsti tempi lunghi. I periti hanno catalogato peli, capelli e altri reperti isolati dai resti della giovane, ma gli esami genetici non sarebbero ancora iniziati. “Si tratta di accertamenti complicati e ci vorrà tanto tempo prima di avere risposte scientifiche – ha spiegato l'avvocato Pizzi – non vi è ancora una risultanza genetica di dna trovato sui resti ma si sta cercando. Visto lo stato dell'arte della genetica in Italia se ci fosse una traccia biologica non riconducibile a Lidia sarebbe individuabile – ha concluso – però ci vorrà ancora parecchio tempo”.

Presto potrebbero essere disposte nuove ricerche dell'arma del delitto nei boschi a Cittiglio dove, nel gennaio 1987, fu trovato il cadavere. Il sostituto pg di Milano Carmen Manfredda, che coordina le indagini, è intenzionata infatti a “non lasciare nulla di intentato”. Ricerche dell'arma del delitto sono già state condotte recentemente nel parco Mantegazza di Varese, nell'ipotesi che Stefano Binda possa aver nascosto il coltello nell'area verde quasi trent'anni fa. Attraverso ricerche con metal detector e geoscanner sono stati trovati alcuni coltelli, sepolti sotto terra. Sulle lame analizzate però, da quanto si è appreso, finora non sarebbero state trovate tracce in grado di ricondurre i reperti al delitto Macchi. “Attendiamo la relazione dei consulenti – ha spiegato il sostituto pg Manfredda al termine dell'udienza – con gli esiti definitivi degli accertamenti sulle lame. Siamo decisi a svolgere tutti gli accertamenti necessari”.