Omicidio Macchi, "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi": in un video l’ossessione per Pavese

È il 3 marzo del 2014 quando Stefano Binda, l’uomo in carcere per l’omicidio di Lidia Macchi, posta sulla sua pagina Facebook un video tratto da YouTube: Vittorio Gassman recita «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi»

La studentessa Lidia Macchi

La studentessa Lidia Macchi

Varese, 6 febbraio 2016 - Quella poesia come passione e come ossessione, rimasta inalterata dagli anni giovanili fino a quelli della maturità. È il 3 marzo del 2014 quando Stefano Binda, l’uomo oggi in carcere per l’omicidio di Lidia Macchi, posta sulla sua pagina Facebook un video tratto da YouTube: Vittorio Gassman recita «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi», la poesia più struggente e malinconica di Cesare Pavese.«Quarto Grado» lo ha trasmesso nella puntata in onda ieri sera, dopo avere rintracciato il social di cui Binda era titolare con uno pseudonimo e senza sue foto personali ma con il disegno con una specie di barbetta.

La poesia riceve un solo «mi piace» dall’amico più stretto di Binda. La cerchia degli amici virtuali raccoglie 55 persone, in prevalenza giovani, nessuno dei tempi del liceo e di Comunione e Liberazione, alcuni dividono con l’arrestato l’impegno nel volontariato. Si rivolgono a Binda, laureato in filosofia, quasi con reverenza chiamandolo «The doc», il dottore. Una copia dei versi di Pavese è anche fra gli effetti contenuti nella borsa di Lidia Macchi, quando il corpo della studentessa di Cl, straziato da ventinove coltellate, viene ritrovato alla località Sass Pinì, nel territorio di Cittiglio, il 7 gennaio del 1987. C’è anche un foglio, uno scritto in cui Lidia parla di una amore difficile, forse impossibile.  Patrizia Bianchi, che da ragazza era innamorata di Binda e del suo fascino intellettuale, apprende della poesia da una trasmissione televisiva. Il ricordo scatta immediato. «Era questa poesiaA - annota il gip di Varese, Anna Giorgetti, nell’ordinanza di custodia cautelare - una sorta di ‘cavallo di battaglia’ di Stefano Binda della quale il giovane proponeva sempre la lettura e lo studio; ne aveva proposta la lettura anche alla Bianchi diffondendosi nella spiegazione del suo significato». Il profilo Facebook dell’uomo di Brebbia riserva un mistero, uno dei tanti del «caso» Macchi. Il 12 agosto dello scorso anno, quando è già iscritto nel registro degli indagati, Binda posta il verso di Orazio «Frangar, non flectar». Tra parentesi tonda traduce, con qualche libertà: «Verrò spezzato, ma io non mi piego». A cosa intende alludere? Si è reso conto della bufera giudiziaria che gli si sta addensando sul capo e lancia una sorta di proclama? Oppure affida al social un messaggio criptico?