Mercoledì 24 Aprile 2024

La Svizzera non conviene più: imprenditori lombardi in ritirata

Beffati dal superfranco, pur di non rientrare guardano alla Slovenia di Corrado Cattaneo

Frontalieri in dogana

Frontalieri in dogana

Varese, 27 gennaio 2015 - C'era una volta l’Eldorado a due passi dal confine. O almeno lo si sperava, anche se nel corso degli anni in molti avevano già capito che non era tutto oro quello che luccicava nel preciso ma inflessibile mondo della burocrazia elvetica. Ora, in ogni caso, non c’è più: a mandarlo in pensione ci ha pensato nei giorni scorsi la banca centrale svizzera che ha deciso di slegare il tasso di cambio del franco svizzero dall’euro, lasciandolo libero di fluttuare sul mercato. E così la divisa svizzera ha pareggiato la bistrattata moneta unica europea in poche ore, arrivano a pareggiarla e facendo così lievitare tutti i prodotti rossocrociati del 16% circa se li si paga in euro, e i costi per chi, da italiano, ha affittato un capannone al di là del confine o ha contratto un mutuo in franchi. A lanciare l’allarme è Franco Colombo, presidente Confapi Industria Lombardia.

Varesino, non a caso, Colombo alla guida delle piccole imprese lombarde sa di cosa sta parlando: «Ora siamo noi a essere tornati competitivi: chi ha seguito il miraggio di meno burocrazia e meno costi dell’energia ora che il franco vale come un euro è costretto a rivedere i propri piani: abbiamo avuto una svalutazione competitiva tenendo l’euro al posto della lira, è la prima volta che accade. Cosa prevedo? Che centinaia di aziende dell’Insubria, da Como a Varese, tornino in Italia o che si affaccino su altre piazze, magari la Slovenia, però certamente più lontana del Canton Ticino. Di certo sono migliaia le attività commerciali e produttive italiane di quest’area che si sono trasferite, ora ci aspettiamo il fenomeno opposto, non a caso di parla già di emergenza occupazionale in Svizzera per i nostri lavoratori».

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Lontanissimi, anche se era solo il settembre del 2013, i tempi in cui il Comune di Chiasso, alle porte di Como, organizzava «Benvenuta impresa» per attirare attività italiane: allora le richieste di partecipazione erano state limitate al numero massimo di 200, ma nel municipio elvetico erano arrivate addirittura 682 domande. Ora non è più così: «Le aziende che esportano in franchi svizzeri dovranno confrontarsi su un mercato in cui ogni loro prodotto oggi è più caro se venduto sul mercato europeo o quello americano e, di contro, ogni prodotto in Europa o in Italia è meno caro. Tutto questo ha effetti inevitabili sulla produttività delle imprese a tutto vantaggio di quelle italiane». In ogni caso la vita degli imprenditori varesini o comaschi oltre confine non è mai stata facile: da gennaio a luglio dello scorso anno 395 imprese hanno chiuso i battenti in Canton Ticino, con un aumento del 62% rispetto all’anno precedente, e la maggioranza è riconducibile proprio a imprenditori italiani.