Giovedì 18 Aprile 2024

L’«invasione» dei frontalieri: +5% in un anno

In Ticino 62.481 lavoratori italiani di Paolo Candeloro

La dogana di Como

La dogana di Como

Lavena Ponte Tresa, 27 novembre 2014 - Continuano ad aumentare i frontalieri impiegati in Svizzera. Nell’ultimo bollettino trimestrale fornito dall’Ufficio federale di statistica emerge infatti come gli italiani che si dirigono quotidianamente oltre confine per raggiungere il proprio posto di lavoro siano 69.473, con un incremento dello 0.2% rispetto ai tre mesi precedenti ma del 5.8% se si compara il dato attuale a quello del medesimo periodo del 2013. Stesso trend per quanto riguarda il solo Canton Ticino, con la piccola novità - se si può definire tale - della variazione pari a zero del numero di frontalieri rispetto all’aprile-giugno 2014 (soltanto 23 lavoratori in più: da 62.458 a 62.481). Che sia iniziata una nuova fase, in opposizione al continuo aumento registrato negli ultimi anni, è però difficile da pensare, soprattutto se si prende in considerazione il dato riguardante la variazione dal luglio-settembre dell’anno scorso a oggi, con un incremento del numero di frontalieri pari al 5.3%. Nonostante quindi le continue voci su una possibile revisione degli accordi bilaterali - modifiche che potrebbero riguardare anche il meccanismo dei ristorni fiscali -, e malgrado le numerose campagne anti-italiani portate avanti da alcuni movimenti politici ticinesi, il «viavai» professionale tra i due Paesi resta fondamentale per entrambe le economie e - in particolare - per quelle dei territori di confine. Il Varesotto, infatti, fornisce al Canton Ticino oltre 25mila lavoratori, pari a circa il 40% del totale dei frontalieri impiegati nella regione con capitale Bellinzona.

«Il frontalierato è una parte determinante della vita svizzera - rimarca Pietro Roncoroni, sindaco di Lavena Ponte Tresa nonché presidente dell’associazione che riunisce i Comuni italiani al confine con la Confederazione -. Le imprese ticinesi hanno attinto a piene mani nel mercato della nostra manodopera: al di là dei proclami di alcuni partiti politici, che sparano a zero sui frontalieri, questi sono molto apprezzati, e continueranno ad esserlo perché offrono professionalità in tutti i settori. Si tratta dell’evoluzione di un fenomeno che ha visto i lavoratori italiani svolgere prima occupazioni prettamente manuali per poi allargare il “raggio d’azione“ e occupare anche ruoli di grande responsabilità». L’aumento del numero dei frontalieri, insomma, non sorprende Roncoroni, che offre ulteriori interpretazioni al dato proveniente dall’Ufficio federale di Neuchâtel. «Assumere nuove persone rientra anche nel “giochetto“ del dumping salariale - spiega il sindaco di Lavena Ponte Tresa -, perché spesso e volentieri gli ultimi arrivati si accontentano di stipendi più bassi rispetto a quelli percepiti da chi lavora in uno stesso settore da diverso tempo. Inoltre, dobbiamo ricordare che questi dati riguardano il numero complessivo di permessi rilasciati, che come sappiamo hanno una validità di cinque anni, e non la quantità effettiva delle persone occupate. C’è infatti chi è stato assunto per un impiego stagionale ma adesso non sta lavorando. Ad ogni modo, il numero complessivo non dovrebbe discostarsi di molto, anche perché ci sono circa 3.000 frontalieri che, essendo residenti al di fuori della fascia di confine, non vengono inseriti in nessun calcolo pur prestando quotidiano servizio in Svizzera». Che, malgrado tutto, resta l’America dei lavoratori varesini.