È iniziata la conta dei frontalieri: "Viaggiano da soli e mandano la nostra viabilità in tilt"

Non c'erano solo Polizia e Guardie di confine ieri all’alba ad attendere i frontalieri, oltre ai normali controlli i lavoratori italiani sono stati sottoposti alla «conta» da parte dei dipendenti del Dipartimento di Mobilità ticinese, incaricati di compiere un’accurata statistica più che su di loro sui mezzi con cui vengono a lavorare in Svizzera di Roberto Canali

Dogana al confine tra Italia e Svizzera

Dogana al confine tra Italia e Svizzera

Como, 1 ottobre 2014 - Non c'erano solo Polizia e Guardie di confine ieri all’alba ad attendere i frontalieri, oltre ai normali controlli i lavoratori italiani sono stati sottoposti alla «conta» da parte dei dipendenti del Dipartimento di Mobilità ticinese, incaricati di compiere un’accurata statistica più che su di loro sui mezzi con cui vengono a lavorare in Svizzera. Sotto accusa c’è l’uso, anzi l’abuso come lo descrivono al di là del confine, dell’automobile. Colpa delle cattive abitudini dei frontalieri che, sempre secondo gli svizzeri, non hanno voglia di alzarsi un po’ prima per prendere i mezzi pubblici, ma preferiscono andarsene ognuno con la propria auto al posto di lavoro. Una pessima abitudine che sempre secondo gli svizzeri è causa di smog e di lunghe code sulle principali direttrici che dal confine arrivano a Lugano e Bellinzona. Così prima di prendere contromisure, anche drastiche, in Canton Ticino hanno deciso di mettersi a studiare, contando prima e intervistando poi i frontalieri ai quali verrà chiesto da dove partono e dove sono diretti, se viaggiano da soli e sono interessati al car-sharing e soprattutto se sarebbero disposti a rinunciare all’auto.

«Terminata la prima fase in cui controlleremo il numero delle auto - spiega il leghista Claudio Zali, direttore del Dipartimento Mobilità del Canton Ticino, l’equivalente dell’assessore ai Trasporti della Lombardia - passeremo a una seconda fase “qualitativa”, dove chiederemo a un campione di frontalieri dove si stanno recando e che mezzi utilizzano per muoversi. Come immaginavamo il 90% dei frontalieri si muove in macchina da solo, con un rapporto praticamente di una macchina per frontaliere». L’obbiettivo è di convincere gli italiani, con le buone o con le cattive, a modificare al più presto le loro abitudini. Anche per questo lo stesso Zali nei mesi scorsi ha incontrato diversi sindaci dei Comuni di confine del Lario, per convincerli a realizzare grandi parcheggi destinati ai frontalieri. Luoghi di ritrovo prima di attraversare il confine dove lasciare la propria auto al sicuro, prima di proseguire verso la Svizzera. Addirittura si era valutata la possibilità, anche con contributi ticinesi, di potenziare le corse di autobus e treni tra Como e Lugano. Accanto alle «buone» gli svizzeri sono pronti a ricorrere anche alle «cattive», ovvero chiedere un obolo di due franchi al giorno a posto auto alle aziende ai centri commerciali. Un modo indiretto di colpire i frontalieri che si vedrebbero tassati a loro volta, magari con la trattenuta diretta in busta paga, dal loro datore di lavoro.