Varca quota 62mila unità l’esercito dei frontalieri, in un anno crescita del 6,5%

E quello degli italiani in Ticino è da record: una crescita inarrestabile che ha fatto crescere di 22mila unità la loro presenza dall’inizio degli anni Novanta. Allora erano 40mila gli italiani, in maggioranza varesini, come oggi, poi calarono a circa 30mila all’inizio del 2000

Dogana al confine tra Italia e Svizzera

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Varese, 3 settembre 2014 - Sono ormai sopra la quota delle 62mila presenze i frontalieri italiani in Canton Ticino. È quanto emerge dai dati dell’Ufficio Federale di Statistica che ha aggiornato le rilevazioni sul numero di frontalieri presenti su suolo elvetico. E quello degli italiani in Ticino è da record: una crescita inarrestabile che ha fatto crescere di 22mila unità la loro presenza dall’inizio degli anni Novanta. Allora erano 40mila gli italiani, in maggioranza varesini, come oggi, poi calarono a circa 30mila all’inizio del 2000. Poi il boom, e ora quasi il raddoppio, favorito dalla crisi e dalla perdita di lavoro in Lombardia. Non a caso sul totale dei frontalieri in Svizzera gli italiani sono in tutto 69.318: 62.458 in Ticino, appunto, i rimanenti in altri Cantoni, di cui oltre 25mila varesini, e sono cresciuti del 3,9% contro l’1,4% dei francesi, l’1,5% dei tedeschi e l’1,6% degli austriaci.

In tutto secondo l’Ufficio Federale di Statistica i frontalieri in Svizzera sono 288.149, oltre un quinto (il 21,7%) proprio nel Cantone confinante con la provincia di Varese. Non solo a fine giugno erano già 62.458, dopo aver superato, nel primo trimestre, la soglia delle 60mila unità, ma quello ticinese è anche il balzo in avanti più consistente registrato nell’intera Confederazione. Le duemila presenze in più registrate da un trimestre all’altro, con un incremento del 3,6% sul totale, il 6,5% su base annua, è infatti da record. Un trend che altrove si ferma ad aumenti del 2,4%, salvo solo per la Svizzera centrale, che ha fatto registrare un aumento del 4,7%, ma su un totale di appena 1.700 lavoratori circa. A crescere maggiormente, e questo è un fenomeno che si registra ormai da qualche anno, sono i frontalieri impiegati nel terziario: ben il 70% dei nuovi frontalieri lavora nei servizi. Una situazione che inevitabilmente riaccende le destre ticinesi, che da sempre cavalcano elettoralmente una battaglia sul contingentamento dei nostri lavoratori, tanto più se si analizzano i dati dell’economia svizzera: proprio ieri, a sorpresa, il Pil della Confederazione ha fatto segnare una battuta d’arresto della crescita economica. Forse a riflesso dello stallo nell’area euro, il Pil della Confederazione non ha segnato progressi tra il primo e il secondo trimestre, lo stesso in cui i frontalieri sono esponenzialmente aumentati, mentre nel confronto su base annua la crescita si è attestata ad appena lo 0,6 per cento. I dati, riferiti dal governo, risultano ben inferiori alle attese degli analisti, che in media prevedevano una crescita trimestrale tra lo 0,3 e lo 0,9 per cento e su base annua tra l’1,5 e il 2,1 per cento.

Peraltro la performance segna una netta frenata rispetto al più 0,5 per cento del secondo trimestre. Soprattutto ora anche la Svizzera sembra risentire degli affanni dei paesi di Eurolandia confinanti, laddove nei trimestri precedenti aveva segnato dinamiche nettamente espansive. «Se i frontalieri aumentano è perché evidentemente le aziende svizzere ne hanno bisogno e li richiedono, altrimenti non sarebbero potuti aumentare. Il problema, se esiste, è quindi tutto svizzero, anche perché i frontalieri sono ricercati perché fanno risparmiare: la tendenza sarà quindi in aumento, anche perché gli stipendi per gli italiani sono nettamente diminuiti», spiega il sindao di Clivio, Ida Petrillo. Dello stesso tenore l’intervento del sindaco di Lavena Ponte Tresa, Pietro Roncoroni: «I nostri lavoratori sono indispensabili per le aziende che operano oltre confine».