SIMONA CARNAGHI
Cronaca

"Fu lui a uccidere nostra madre". Piccolomo torna davanti al giudice

Domani il gup deciderà se procedere per la morte della prima moglie

Giuseppe Piccolomo torna in tribunale

Giuseppe Piccolomo torna in tribunale

Caravate (Varese), 25 maggio 2017 - "Giustizia per nostra madre. L’ha uccisa lui e adesso, dopo 14 anni, vogliamo la verità". Tina e Cinzia Piccolomo, le figlie di Giuseppe Piccolomo, 66 anni, già condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio di Carla Molinari, il delitto “delle mani mozzate”, assassinata nella sua abitazione di Cocquio Trevisago nel novembre 2009, domani saranno in aula davanti a quel padre che definiscono "mostro" e che da anni accusano di aver ucciso 14 anni fa la prima moglie Marisa Maldera.

Alle 10.30 Piccolomo comparirà davanti al gup di Varese Anna Giorgetti e saprà se dovrà affrontare una seconda Corte d’Assise oppure se il giudice per l’udienza preliminare deciderà per il non luogo a procedere. "Nostra madre – dicono le ragazze – era una donna meravigliosa che ci manca ogni giorno e che merita si arrivi alla verità sulla sua morte". Maldera morì in uno strano incidente stradale avvenuto il 20 febbraio 2003 a Caravate dove la famiglia Piccolomo all’epoca viveva. Marito e moglie alle 3 del mattino avrebbero fatto un giro in auto, a bordo una tanica piena di benzina. L’auto, con Piccolomo alla guida, sbandò improvvisamente finendo fuori strada. La vettura prese fuoco: Piccolomo riuscì a salvarsi e a uscire quasi illeso dall’incidente, la moglie morì arsa viva. Nel 2003 Piccolomo patteggiò una pena a un anno e 4 mesi per omicidio colposo: per gli inquirenti si era trattato di un normale incidente stradale. Le figlie del killer delle mani mozzate hanno però sempre sostenuto che si era trattato di omicidio volontario: "La uccise – spiega Tina Piccolomo – perché aveva una relazione con la giovane lavapiatti marocchina che lavorava nel nostro ristorante. Si liberò di lei e due mesi dopo sposò l’altra donna".

Nel 2015 Tina e Cinzia parlarono apertamente dei loro sospetti con il sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda che avocò il fascicolo ormai diventato un cold case pochi mesi dopo aver avocato anche l’omicidio della studentessa varesina Lidia Macchi vecchio di 30 anni. Manfredda è riuscita a riaprire le indagini nonostante l’ombra del ne bis in idem: Piccolomo per quella morte era già stato processato. Tuttavia sarebbero stati individuati nuovi elementi: le analisi tossicologiche eseguite sui campioni conservati dall’autopsia avrebbero rilevato tracce (seppur non quantificabili) di benzodiazepina nel sangue di Maldera. "Nostra madre non ha mai preso medicinali", precisano le figlie, assistite dagli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza.

Per l’accusa Piccolomo drogò la moglie in modo che non potesse reagire né fuggire dalla trappola di fuoco che le avrebbe costruito intorno. Il sessantaseienne, assistito dall’avvocato Stefano Bruno, ha sempre rigettato ogni accusa. La procura generale avrebbe anche identificato il netturbino che la notte dell’incidente avrebbe visto un uomo che fumava tranquillamente accanto all’auto in fiamme. Domani il gup deciderà se rinviare a giudizio Piccolomo oppure archiviare il procedimento.