Piccolomo, rintracciato teste dell’atroce morte della prima moglie

Dodici anni fa raccontò: fumava davanti all’auto in fiamme. Pareva sparito

Giuseppe Piccolomo, già condannato per il delitto delle mani mozzate

Giuseppe Piccolomo, già condannato per il delitto delle mani mozzate

Varese, 24 settembre 2016 - La notte in cui Marisa Maldera, la prima moglie di Giuseppe Piccolomo, l’ex ristoratore condannato all’ergastolo per il «delitto delle mani mozzate» nel Varesotto, rimase vittima di un incidente stradale dalla dinamica sospetta, avrebbe visto un uomo che fumava tranquillamente una sigaretta accanto all’auto in fiamme. È il supertestimone del caso: un operatore ecologico che avrebbe riferito la circostanza a una conoscente all’epoca dell’incidente, nel novembre 2003. L’uomo sarebbe stato identificato dagli investigatori, nell’ambito dei nuovi accertamenti sull’episodio, per il quale Piccolomo in passato ha già patteggiato una pena per omicidio colposo.

Dal suo racconto potrebbe arrivare una svolta nelle indagini della Squadra mobile, riaperte dal sostituto pg di Milano Carmen Manfredda, titolare del fascicolo che vede Piccolomo indagato per omicidio volontario. Secondo l’ipotesi investigativa, il marito avrebbe provocato l’incidente, con l’obiettivo di incassare una polizza assicurativa e «liberarsi» della moglie, per poi sposare una ragazza marocchina che lavorava nel suo ristorante. Dal racconto del testimone, se confermato davanti agli inquirenti, emergerebbe che l’uomo non si sarebbe affrettato per salvare la moglie e chiamare i soccorsi, rimanendo impassibile mentre l’auto era avvolta dalle fiamme. «Le indagini stanno andando avanti, stiamo ricostruendo alcuni aspetti sull’episodio», spiega il sostituto pg Manfredda, che coordina anche l’inchiesta sull’omicidio di Lidia Macchi, l’altro giorno a Varese per svolgere alcune attività sul caso Maldera. Le indagini potrebbero proseguire fino a febbraio 2017, termine stabilito dal gip di Varese per portare avanti i nuovi accertamenti. Piccolomo, intanto, sta scontando la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Carla Molinari, una tipografa in pensione che nel novembre 2009 fu sgozzata nella sua casa a Cocquio Trevisago, un paese nel Varesotto. Il killer amputò le mani al cadavere, mai ritrovate, forse per nascondere tracce rimaste sotto le unghie della vittima, che cercò di difendersi.

Piccolomo, che si è sempre proclamato innocente, potrebbe essersi macchiato, anni prima, di un altro delitto. Marisa Maldera rimase carbonizzata dentro l’auto guidata dal marito, che riuscì a salvarsi. La vettura uscì di strada a Caravate e prese fuoco a causa di una tanica di benzina che si trovava a bordo. Sia le figlie, sia il sostituto pg di Milano Manfredda ritengono che non si sia trattato di un incidente ma che la donna sia morta per mano di Piccolomo. «Attendiamo sviluppi positivi - spiega il legale delle figlie di Piccolomo, l’avvocato Nicodemo Gentile -. Nell’organismo di Marisa Maldera sono state trovate tracce di tranquillanti: potrebbe essere stata sedata per rallentare le sue reazioni».